Pasqua di sangue e di guerra. Che fare? Come conciliare la spiritualità della sacra festa della Resurrezione con il conflitto in corso? L’eminente teologo Vito Mancuso nel rispondere a questa domanda prende una posizione netta e chiara, in parte distaccandosi da quella ufficiale del Vaticano, sulla guerra russo-ucraina scatenata da Vladimir Putin quasi due mesi fa. E lo fa prendendo decisamente le parti degli aggrediti. Senza se e senza ma, giungendo a sottolineare la necessità anche dell’aiuto militare al paese aggredito.
Perché? Perché con il cuore e con la mente, non si può fare diversamente. Perché il cristianesimo ci insegna a stare con il più debole, con il vessato dall’oppressore e contro la violenza perpetrata da quest’ultimo. Il “porgi l’altra guancia” e l’”ama il tuo nemico” sono comandamenti individuali difficilmente esportabili sul piano collettivo in una comunità nazionale barbaramente trucidata.
Attingendo alla sua originale teologia, Mancuso ricorda che la dimensione del conflitto è consustanziale alla visione cristiana del tragico. Gesù viene al mondo e il mondo lo rifiuta e lo crocifigge contro ogni logica. Il momento fondativo del cristianesimo, la morte del figlio di Dio per mano del potere politico, apre la strada alla tragedia della storia, dove non tutti i problemi possono trovare una soluzione, dove il razionalismo perde la sua efficacia e dove l’ottimismo illuminista fondato sul predominio della ragione lascia il campo al dramma del contrasto inconciliabile.
Il conflitto in Ucraina per Mancuso è l’apoteosi dell’inconciliabile. La volontà russa è quella ucraina sono e saranno irriducibili. E non è questione di “buona volontà” come si ostinano a sostenere i pacifisti contemporanei che scambiano la pace con la resa chiesta peraltro, con un triplo salto carpiato dialettico, all’aggredito e non all’aggressore. Il teologo rammenta che la pace non è un valore assoluto e che senza giustizia e libertà, essa diventa meschina viltà che ne riduce la portata salvifica (quella del “vi lascio la pace, vi dò la mia pace”) riducendola a mero interesse di bottega.
Quindi, pace sì, ma non a ogni costo. Perché il prezzo della dignità proprio non è esigibile. Esistono delle idee superiori alle quali dover sacrificare la nostra comodità, idee senza le quali lo stesso progresso umano non sarebbe stato possibile. Perché, a volte, il trionfo della luce sull’oscurità richiede di combattere e sacrificarsi contro il tiranno. Bisogna saper morire, bisogna essere disposti a farlo per un ideale superiore, come insegnano gli esempi di eroi vecchi e nuovi: disposti alla morte pur di vivere veramente. Proprio come il popolo ucraino che sta combattendo per non farsi cancellare dalla storia, per rivendicare tragicamente (e si torna al tema di inizio intervista) il diritto a esistere.
Di fronte a questo, l’ipocrisia del finto pacifismo che rinnega se stesso disconoscerndo le sue stesse radici, mostra tutti i suoi limiti storici e ideologici, intriso com’è di un antiamericanismo privo di senso che unisce tanto l’estrema destra quanto l’estrema sinistra nell’essere ancora una volta dalla parte sbagliata della storia. Tuttavia, occorre esser cauti – ammonisce Mancuso – perché dietro al background ideologico della guerra di Putin vi è anche altro. Vi è un conflitto antropologico tra il vecchio e il nuovo. Fra la visione retropistica oscurantista e intollerante incarnata dal Patriarca Kirill e quella di papa Bergoglio del “chi sono io per giudicare”; e non bisogna commettere l’errore di sottovalutare l’appeal che ha l’ideologia dell’estremismo putiniano anche nelle società occidentali, perché questa è una guerra che si combatte anche al loro interno. Si combatte addirittura all’interno della Chiesa cattolica, in cui, a partire dalla pandemia, le idee di Grande Reset declinate da Monsignor Viganò e dalla parte del clero ostile a Papa Francesco sono tutt’altro che marginali. Quindi se il fronte militare è in Ucraina, gli altri fronti, culturali e spirituali, sono estremamente diffusi e assai “domestici”.
Di fronte a questa guerra totale con i suoi veleni, l’unico antidoto rimane la speranza: la folle speranza di Mancuso – che a tratti riecheggia l’”I have a dream” Martin Luther King – che un giorno russi e ucraini possano rinascere nella pace. Perché questo ci insegna la Pasqua. Gesù risorgendo mostra che nel conflitto fra morte e vita, alla fine vince la vita.