Salgono a 82 gli attacchi contro le strutture sanitarie in Ucraina. Il bilancio drammatico riportato via Twitter dall’ufficio dell’Oms del Paese, teatro del conflitto, parla di 72 morti e 43 feriti. Un aggiornamento che tiene conto della conferma di altri 8 attacchi ad edifici medici. Assalti che dovrebbero fermarsi immediatamente proprio perché essi «privano le comunità dei servizi sanitari essenziali e delle cure salvavita urgentemente necessarie», come spiega chiaramente la sezione locale dell’Oms. Il mondo deve sapere quanto sta accadendo, non può voltarsi dall’altra parte.
Già nei giorni scorsi Mike Ryan, esperto dell’Oms e a capo del programma per l’emergenze sanitarie durante un incontro a Ginevra, aveva messo in allarme tutti dicendo che in Ucraina «ci sono un migliaio di strutture sanitarie di diversa misura, policlinici, ospedali e altre entità sulle linee del fronte, o entro 10 km da queste: il sistema sanitario viene inghiottito da questa crisi». Ed è di ieri la drammatica notizia che a Mariupol è stata bombardata la sede della Croce Rossa con il simbolo chiaramente visibile sul tetto. Non accadeva dai tempi della Germani di Hitler. Una guerra orrenda quella condotta da Putin, costellata di episodi dalla crudeltà e violenza indicibili. Tra gli ultimi quello di una donna che sarebbe stata violentata sino alla morte davanti al suo bambino di sei anni. Al piccolo per lo choc sarebbero venuti i capelli bianchi.
«I soldati russi violentano le donne ucraine. Sappiamo che avviene, lo raccontano sottovoce tanti tra coloro che scappano dalle zone occupate. È un problema grave, ancora non capiamo quanto sia diffuso. Ma siamo già a conoscenza di casi specifici», la denuncia di Ihor Sapozhko, il sindaco di Brovary, città ucraina presa di mira dai Russi con circa 140mila anime.