Quindi, secondo il Patriarca ortodosso Kirill, i separatisti russi fanno la guerra nel Donbas contro il Gay Pride. Nello scioccante sermone di domenica scorsa, Kirill ha giustificato l’invasione russa della Ucraina con queste parola: “Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass”, “dove c’è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale”.
Kirill se l’è anche presa con il ‘ mondo ‘felice’ (sarebbe il modello delle democrazie occidentali), “del consumo eccessivo, della ‘liberta’ visibile” incarnata sempre secondo il patriarca dalle “parate gay”. Il patriarca ortodosso, che si è ben guardato dal parlare delle vittime civili della guerra in Ucraina limitandosi a ricordare il Donbas, ci ha anche fatto una lezioncina sulla fine del mondo.
Perché “se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì'”. E i gay pride “sono progettati per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”. “Ecco perché per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del Gay Pride”. Chi si oppone, “viene represso con la forza”.
Non solo, secondo Kirill, è in corso una “guerra metafisica” tra i veri credenti e i “poteri costituiti”. Tutto questo mentre papa Francesco lanciava il suo nuovo appello contro la crudeltà della guerra in Ucraina, dove “scorrono fiume di sangue e di lacrime”.
Ora siccome Kirill è un baluardo del putinismo, vale la pena fare due considerazioni. La prima è politica. Il consenso che il presidente russo conserva nei vertici della chiesa ortodossa è una delle gambe su cui Putin può reggere ancora il suo potere. Ma una considerazione più generale va fatta sulle radici culturali di queste accuse omofobe e di stampo reazionario contro l’Occidente ‘senza valori’.
Kirill ragiona allo stesso modo dei khomeinisti che volevano purificare l’Iran. Queste visioni risalgono ancora prima dell’islam politico all’idea nazista di “deoccintossicare” la società tedesca. Ancora prima di Hitler, al nazionalismo germanico primonovecentesco più deteriore, che si allietava cantando nei boschi e praticando il veganismo. Tutti simboli di purezza naturale da contrapporre alla civiltà meccanica e corrotta delle grandi capitali come Parigi.
L’antimodernismo è la malattia dei totalitarismi novecenteschi, su su fino a Herder e ai miti romantici. Una visione distorta della realtà che tante tragedie ha provocato nella Storia europea degli ultimi due secoli e a che a quanto pare è alla base dell’ortodossia religiosa, politica e militante, russa.