L’obiettivo di Putin è la costruzione di un nuovo ordine mondiale basato un continente euroasiatico filo-russo, che si estenda da Vladivostock a Lisbona.
Parole di un atlantista convinto, antirusso a prescindere, che vuole spaventare l’Europa? No. Queste parole sono quelle dell’ex presidente russo Dimitij Medvedev scritte su una chat Telegram e improvvidamente uscite fuori e giunte sino a pubblicazione il 6 aprile scorso.
Con lo stile propagandistico che gli è proprio, Medvedev, ribaltando integralmente la realtà, ha parlato della necessità di denazificazione dell’Ucraina e di procedere alla distruzione di un modello ideale fatto – secondo il russo – di falsi miti che gli ucraini coltiverebbero da anni e che trova la sua manifestazione simbolica in una estetica fascista che tanto estetica non sarebbe, ma che nasconderebbe un vero e proprio culto politico-militare del Terzo Reich.
Va da sé – sempre secondo l’influente politico russo – che compito della Russia è quello di sradicare questa ideologica nazisteggiante, ben consapevole che tale operazione non potrà riguardare solo l’aspetto militare ma dovrà coinvolgere tutti i profili, da quelli culturali a quelli più smaccatamente ideologici. Insomma Medvedev avverte – neppure troppo velatamente – che quella che si sta combattendo non è solo uno scontro bellico, ma una operazione di ingegneria sociale che dovrà portare a una vera e propria “riprogrammazione” delle menti dei cittadini ucraini, e non solo.
Insomma, fine guerra mai, fino alla conquista di Lisbona! Si tratta di tesi deliranti e al contempo assai preoccupanti, visto che provengono da un uomo molto vicino al Cremlino che preoccupano o dovrebbero preoccupare assai l’Occidente e l’Europa che rappresenta per valori, cultura e ideali, l’esatta antitesi dei modelli di riprogrammazione russa.
Come ci avverte la scrittrice ucraina Elena Kostioukovitch, la costruzione di un impero filo-russo da Vladivostock a Lisbona ha radici lontane e risente di una impostazione esoterica mistico-spiritualista di cui Putin è imbevuto e trova le sue radici nella Nuova Cronologia di Antatoly Fornenko. riprese da Alexander Dugin . Ma non solo! Tale visione ha addirittura antenati più lontani e fors’anche più pericolosi.
Si tratta, infatti, di una visione che mutua le proprie premesse dalle tesi del filosofo, religioso e politico russo di estrema destra, Ivan Ilyn, un vero e proprio guru per Vladimir Putin. Ilyn, grande estimatore di Adolf Hitler, già nella prima metà del Novecento, credeva che i paesi occidentali stessero cercando di smembrare la Russia, in quanto per loro semplice mercato da conquistare. In una visione paranoica, evidentemente ereditata dal suo epigono, Ilyn credeva che il mondo intero, al di là delle apparenze, non tollerasse la particolarità del popolo russo e facesse di tutto per provocarne la distruzione. Di contro, il filosofo suggeriva la necessità, dopo il crollo dell’URSS, che il popolo russo si riunisse sotto l’autorità di un leader potente, pena la caduta in un completo caos alimentato dai leader occidentali e, quindi, in ultima analisi, l’estinzione. Ilyn, dunque, teorizzò il ritorno alla forza e al nazionalismo come strumento di identità di popolo da opporre agli occidentali visti come nemici a prescindere, infidi e bugiardi.
Se queste sono le premesse ideologiche, molto si comprende di quanto sta avvenendo in Ucraina, di quali siano le “radici del male” e, soprattutto, dei pericoli che corre l’Occidente. Non si tratta solo di valutazioni geopolitiche, ma di una vera e propria ideologia di morte, la cui genesi è antica ma i cui effetti sono tragicamente attuali. Insomma, ci troviamo di fronte non a uno scontro tra potenze, ma a uno scontro di civiltà.
“Da Vladivostock a Lisbona” non è (solo) un programma militare, è una visione antropologica del mondo che l’Occidente deve combattere con tutto se stesso non solo per l’Ucraina, ma per difendere se stesso.