“Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”. E’ in questa frase, schietta e senza retorica alcuna, che ha sbalordito il mondo intero, la dignità, il coraggio, la volontà di resistere e l’incredibile forza morale del popolo ucraino. A pronunciarla, poche ore dopo la barbara invasione russa, il presidente Zelensky agli americani che gli offrivano la possibilità di fuggire.
Perché no, nemmeno gli “amici americani” avrebbero scommesso una manciata di dollari che gli ucraini avrebbero dato filo da torcere alla potente armata di Putin. E invece lo hanno fatto eccome, riuscendo in un’impresa sulla carta impossibile: mettere in difficoltà i soldati agli ordini del Cremlino. Minuto, con il suo metro e settanta, Zelensky ha riposto vestiti e cravatte d’ordinanza e si è infilato la mimetica. Come i suoi uomini. E a niente sono valsi i ripetuti tentativi della propaganda russa di denigrarlo, affermando che fosse scappato. “Io sono qui e qui resto. Nel mio Paese e col mio popolo”.
Il presidente comunicatore, diventato simbolo carismatico del coraggio di un popolo intero, è riuscito persino a compattare gli europei nel sostenerlo. Zelensky è intransigente quando si parla di pace, non pensa a concessioni, e ha ragione da vendere quando ricorda che la libertà viene prima della pace, e che per essa si deve combattere e morire. Però. Purtroppo c’è un però, perché paradossalmente sono in tanti a pensare il contrario. E che ci vadano loro a combattere in Ucraina, verrebbe da dirgli. Ma la questione non si può tradurre in termini così semplicistici.
Da qualche tempo su giornali e tivù si sente ripetere “Guerra per procura” (“proxy war” per chi ama gli anglicismi): un’espressione neutra, in apparenza, ma che non lo è affatto perché rappresenta l’idea che la vera guerra non si stia combattendo tra russi e ucraini, ma tra russi e americani. Il che è un’assoluta castroneria: seppur evidente che in questo infame conflitto abbiano un ruolo anche gli Stati Uniti, così come l’Europa, i paesi Nato impegnati, e l’Italia stessa, in trincea ci sono gli ucraini. Altroché. E non dimentichiamo che proprio gli Usa per primi, erano convinti che le truppe russe avrebbero conquistato Kiev in un baleno. E invece.
Invece di spiegare, questi saccenti di geopolitica, perché non avessero capito niente di come questa guerra è cominciata, né di come è continuata, insistono a spiegare come andrà a finire. Ripetendo, con parole appena più forbite, l’argomento secondo cui l’Ucraina non sarebbe nient’altro che una marionetta nelle mani degli americani, senza alcuna volontà, responsabilità e nemmeno personalità propria. Del resto, a giudizio dei russi, ma evidentemente non solo loro, è una nazione che non esiste. E ciò che non esiste non può avere una personalità. E tutto ciò, dopo aver visto quello che abbiamo visto e dopo aver sentito quello che abbiamo sentito, è davvero ignobile. Ed è un eufemismo.
A tal proposito val la pena riportare una riflessione di Francesco Cundari su Linkiesta. Riflessione che prende spunto da un articolo sulla Stampa del direttore di Limes, Lucio Caracciolo, uno dei più autorevoli sostenitori della teoria secondo cui quella in corso sarebbe una “guerra per procura”.
“La dinamica strategica di questa guerra non troppo indiretta tra Washington e Mosca spinge alla rottura fra Europa e Russia… Sia che in Ucraina prevalgano nel tempo gli americani via ucraini (possibile) o i russi (improbabile), come anche in caso di provvisorio stallo codificato in nuova partizione del paese, la separazione fra Nato e Federazione Russa volge al divorzio senza appello”.
Per Cundari “via ucraini” è l’espressione linguisticamente più esplicita di un processo di “cosificazione” di un intero popolo e della sua resistenza, ridotti appunto a cosa.
“Non è una questione di forma. È una questione di sostanza – scrive Cundari – e la sostanza è la stessa che sta dietro alla più elegante espressione della ‘guerra per procura’, che fa tanto fino ripetere tra gente che vuole darsi un tono di chi sa come va il mondo. Ma che significa, nei fatti, cancellare del tutto gli ucraini dal quadro. Significa calunniare la loro resistenza e irridere il loro sacrificio, descrivendoli come pupazzi di qualcun altro. Significa spogliarli di ogni dignità e di ogni personalità autonoma, dopo che sono stati già spogliati di tutto il resto. Significa togliere agli ucraini l’ultima cosa che è loro rimasta: la volontà di resistere, pur in condizioni disperate e davanti ad un avversario tanto più forte”. Anche quando tutti, amici compresi, americani compresi, europei compresi, li davano ormai per spacciati.