Fare il chirurgo dei bambini dell’Ucraina è qualcosa di diverso; non ha nulla a che fare con ciò che sei stato e hai fatto prima. Mario Zama, 62 anni, capo del centro di chirurgia plastica e maxillo facciale del Bambino Gesù, l’ha spiegato con la voce rotta dalla rabbia in un’intervista concessa al «Corriere della Sera». «Mi sveglio la notte, pensando a loro. Ci penso durante il giorno. Mi sento come imbevuto della violenza che li ha ridotti così. Perché gli hanno sparato, continuo a domandarmi. Stavano fuggendo, inermi, perché gli hanno sparato…», ha rivelato.
«Ho visto i bimbi tutti mutilati col machete durante il genocidio in Ruanda, ho visto i piccoli corpi dilaniati in Afghanistan e poi l’infanzia storpiata dell’ex Jugoslavia. Ma questo no, questo non me lo aspettavo, va troppo oltre», ha spiegato il professor Zama. A Margherita De Bac il chirurgo ha parlato poi dell’intervento più difficile e lungo fatto da che è cominciato il conflitto in Ucraina: «Quattro, per ora. La più grave è Lidia, ha 11 anni. È arrivata da noi completamente sotto choc, accompagnata dal papà che ha cercato di raggiungere con lei un centro di raccolta profughi da dove li avrebbero portati in Polonia. Lui guidava tra le mine, hanno cominciato a sparare. Il fratellino è morto tra le braccia della sorella. Lei è stata colpita alla testa, riempita di frammenti di metallo. Ha perso materia cerebrale. Col neurochirurgo Carlo Efisio Marras abbiamo cercato di asportare l’infiammazione causata dal proiettile surriscaldato». La piccola Lidia è una delle bimbe accarezzate da Papa Francesco durante la visita al Bambino Gesù il 19 marzo scorso.
Curare bimbi in fuga da zone di conflitto non è come fronteggiare il Covid o un’altra malattia per un medico: «È un’altra cosa. La riesci a fermare oppure no, è una lotta alla pari, in un certo senso, è più leale. La guerra invece è un sacrilegio, è fatta di persone trucidate, di sguardi disperati, di esistenze devastate, di bambini che scappano inseguiti dalle bombe. Di orrori che noi possiamo soltanto curare fisicamente. E dopo, ci sarà un dopo per questa gente?», ha detto commosso il chirurgo, che ha ammesso di essere oggi pervaso «da dolore, compassione, pietà per vite di adulti e bambini che non saranno mai più le stesse».