L’Italia ha siglato con l’Algeria una Dichiarazione di intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia. Alla dichiarazione, si aggiunge un accordo tra le società ENI e SONOTRACH per l’esportazione di volumi crescenti di gas dall’Algeria verso l’Italia attraverso il gasdotto Transmed. Le forniture prevedono: tre miliardi di metri cubi entro il 2022, sei miliardi entro il 2023, e 9 miliardi di metri cubi entro il 2024.
Un buon risultato dal punto di vista della strategia italiana della sostituzione del gas di provenienza Russa. A regime, i 9 miliardi di metri cubi di gas importati dall’Algeria, potranno diminuire del 33% le forniture Russe che si attestano secondo i dati del 2021 a 29.88 di miliardi di metri cubi di gas. Se saranno rafforzate altre cooperazioni con gli altri Paesi (Azerbaijan, Libia, Norvegia, Olanda e Qatar) a breve, la Russia non sarà più il nostro principale fornitore di gas naturale e nel medio termine, potremmo cessare le importazioni.
Un’ottima notizia dal punto di vista geopolitico per il nostro Paese. Anche in relazione ai problemi che abbiamo in ambito nazionale ogni qualvolta che si tenta di pianificare un’infrastruttura del gas. Basta pensare all’ultimo stop all’installazione di un rigassificatore nel porto di Piombino che è arrivato dal sindaco della città. Questo, a proposito della asincronia delle amministrazioni locali che seguono l’effetto NIMTO (non durante il mio mandato) rispetto l’azione di Governo e che non vogliono capire il momento emergenziale sull’energia che stiamo vivendo.
Visto che il gas è una fonte fossile che dovrà accompagnare la transizione ecologica, bene ha fatto il Governo a prevedere nella collaborazione Italia-Algeria, la promozione congiunta dello sviluppo delle energie rinnovabili e idrogeno verde.
Secondo il rapporto Hydrogen Roadmap Europe che rappresenta 17 industrie e organizzazioni europee, l’idrogeno verde potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia. L’Italia ha grandi player industriali (ENEL, ENI, SNAM, EDISON, SAIPEM) e della ricerca (ENEA) che stanno sviluppando progetti sull’idrogeno. Non da ultimo, lo scorso anno è stata inaugurata con la collaborazione di SNAM, una fabbrica alimentata a idrogeno verde in un settore particolarmente energivoro come quello delle ceramiche.
Abbiamo anche delle “Hydrogen valley” (Sud del Tirolo, Lombardia, Puglia e Sicilia) che stanno sperimentando e implementando progetti a livello locale.
Il settore privato sta facendo molto al riguardo, manca al momento il documento definitivo della Strategia Nazionale Idrogeno del Governo. Siamo sulla buona strada, ma dobbiamo ancora chiudere la cerniera tra la parte istituzionale e quella produttiva per dare una spinta importante a questa promettente fonte di energia che potrà contribuire molto al percorso di decarbonizzazione del Paese.
L’Italia con il suo know how in ambito scientifico e industriale, può diventare il paese punto di riferimento per lo sviluppo di idrogeno verde da energie rinnovabili, non solo in Europa, ma anche e soprattutto con tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In tal senso, l’estensione di partnership con altri paesi potrebbe diventare strategico.