La battaglia per il recovery fund si è conclusa con un buon risultato sia per l’Italia che per l’Europa. Come da tradizione, ora si è aperta una battaglia per stabilire vincitori e i vinti in cui, come è logico aspettarsi, nessuno vuole cedere ne’ sui propri meriti (reali o immaginari), ne’ sulle colpe dei propri avversari. Per Wilders, che pare interessato a vincere ad ogni costo le prossime elezioni, è l’Olanda ad uscire sconfitta dalla difficile trattativa. La colpa sarebbe dell’ex-alleato e oggi avversario politico Rutte.
Quello che a detta di molti leader europei sarebbe un falco intransigente, agli occhi del biondo sovranista si è rivelato un debole. Rutte sarebbe infatti colpevole di aver regalato miliardi di Euro all’Europa Meridionale, che nell’immaginario nordico è irrimediabilmente bucolica e spendacciona, aprendo inoltre le porte al pericoloso precedente del debito comune europeo. Per Salvini, invece, ad essere sconfitta è l’Italia che – sotto sotto – il leghista non ha mai imparato ad amare veramente. Per il leader della Lega che, almeno a giudicare dai suoi sconclusionati interventi parlamentari, e’ ormai indistinguibile dalla caricatura di se stesso, sarebbe proprio l’Italia ad essere uscita dal negoziato con le ossa rotte, pochi spiccioli e per di più di debito.
E magari, sempre secondo le previsioni della Cassandra padana che nel frattempo batte cassa chiedendo soldi per l’ennesima delle sue iniziative assistenzialiste, destinata a finire come la Grecia. In questo stato già altamente confuso (o confusionale?), ci si mette anche chi da sinistra, per non voler ammettere che Conte ha ottenuto più di quanto si potesse sperare, sostiene che i veri vincitori siano il duo Merkel-Macron. Per la carità, senza l’intervento di Francia e Germania sarebbe stato impossibile raggiungere un accordo, che a detta di molti osservatori internazionali ha dello storico, sul recovery fund. Ma da qui a negare la leadership europea di Conte e il suo saper costruire, nei mesi precedenti, un fronte anti-sovranista e anti-frugale ce ne passa.
Insomma un brutto esempio di come la politica della sinistra sia spesso incapace, e sembra quasi si vergogni, di promuovere i successi di un Paese che rimane pur sempre la terza potenza della UE. Premio di partecipazione va, naturalmente, all’ex-Cavaliere Silvio Berlusconi, il quale annuncia magistralmente di aver lavorato incessantemente a perorare la causa italiana in non ben precisate istituzioni continentali.
Ma più che altro è necessario parlare di Giorgia Meloni; anche se è improbabile che qualcuno abbia realmente capito che gioco stia facendo la leader di Fratelli d’Italia! E’ certo che stiamo assistendo ad un frattura sempre piu’ evidente tra lei e Salvini. Se quest’ultimo ha, coerentemente, negato ogni supporto all’azione diplomatica del Presidente del Consiglio, Meloni ha effettuato diversi complicati salti mortali dicendosi prima al fianco del Premier nella difesa dell’interesse patrio, poi congratulandosi con lui per il risultato raggiunto, passando per arrogarsene parte dei meriti, ma infine astenendosi dal voto sul recovery fund a Bruxelles.
Insomma, a parole, il “right or wrong, my country” sembra che ben si addica ad un movimento post-fascista, che cresce nei consensi grazie al continuo ammiccare agli elettori moderati, ma alla fine dal sovranismo estremista anti-europeo e dall’opposizione acritica all’esecutivo non si scappa. Le sue imbarazzanti frequentazioni europee, oggi apertamente razziste nei confronti degli Italiani e dell’Europa del sud in generale, sono un peso dal quale e’ ormai impossibile liberarsi. Nemmeno quando va contro i propri interessi nazionali e si trasforma da alleanza in servilismo. Ciò non solo dimostra palesemente come un fronte sovranista europeo sia impossibile per definizione, perché alla fine vale la legge dello stato più forte, ma che l’Europa delle Nazioni, da loro tanto predicata come la panacea di tutti i mali, è una castroneria colossale. E dunque l’Europa o e’ realmente federale o non è.