Si mostra vittima con la stampa (“È in corso una caccia alle streghe contro il M5S, ma siamo abituati: ad un certo apparato di potere abbiamo pestato più volte i piedi, lo sappiamo” dice al Corriere della Sera), ma tira fuori gli artigli quando si tratta di andare contro Beppe Grillo per consentire ai suoi fedelissimi di aggirare l’ostacolo secondo mandato. Giuseppe Conte si mostra sereno, ma guarda al voto non senza preoccupazioni, specie dopo le dimissioni dal Movimento anche del capogruppo alla Camera Davide Crippa e il mancato accordo elettorale col Pd. E, soprattutto, dopo che il vaffondatore dei pentastellati, Beppe Grillo, ha annunciato che lascerà anche lui il Movimento se il segretario derogherà al secondo mandato.
“Questa settimana chiuderemo la partita sul secondo mandato, che è importante per il M5S ma forse genera poco interesse fuori. Non è un diktat, ma lo spirito della regola sarà in ogni caso salvaguardato – aveva detto Conte, intenzionato a “salvare” big a lui fedeli come Fico, Taverna, Bonafede -. Siamo una comunità che pone al suo fondamento la dignità della persona. Nessuno di coloro che sono rimasti ha gettato la spugna. In ogni caso non manderemo in soffitta chi per dieci anni ha preso insulti per difendere i nostri ideali e per contribuire in Parlamento a realizzare le nostre battaglie. Una cosa è certa, la loro esperienza sarà in ogni caso preziosa. I tempi sono strettissimi, ma cercheremo lo stesso di coinvolgere la nostra comunità sia sul programma sia sulle liste”.
In una telefonata intercorsa tra i due, però, il garante dei Cinque Stelle ha lanciato un avvertimento inequivocabile a Conte: “Se deroghi al secondo mandato dovrai fare a meno di me, lascio il Movimento 5 stelle”. Parole che non lasciano spazio all’immaginazione. Grillo, inoltre, non ci pensa neanche, nonostante il 25 settembre sia alle porte, punta a far svolgere di nuovo le Parlamentarie, a cui Conte invece è contrario nonostante lo statuto le preveda. L’avvocato del popolo in questo momento non può permettersi anche di andare allo scontro con Grillo, pertanto decade anche l’ipotesi della mini deroga caldeggiata dall’ex premier per i suoi 4/5 fedelissimi. Chi di populismo ferisce, di populismo perisce.