“La crisi di governo di oggi è figlia di un’anomalia politica tutta italiana”. Lo ha detto chiaro stamattina il segretario nazionale della Buona Destra Filippo Rossi, intervenuto a Ombnibus su La7, in merito alla surreale crisi di governo aperta dall’irresponsabile M5S in un momento di estrema difficoltà per il Paese. Cresce l’attesa di vedere come andrà mercoledì alla Camera quando il premier – invitato in tal senso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ne ha respinto le dimissioni – procederà alla verifica di maggioranza e deciderà in modo definitivo circa il suo futuro.
Filippo Rossi, uscendo dal contingente e andando oltre la mera cronaca politica, ha fornito un’analisi a tutto tondo, sistemica, sulla drammatica situazione, facendo presente che l’attuale crisi è figlia di una anomalia politica tutta italiana. Quella di un bipolarismo muscolare che obbliga i moderati sia di destra che di sinistra a essere ostaggio delle pulsioni populistiche degli estremisti che, quando si manifestano, producono inevitabilmente danni.
Sicuramente – riconosce Rossi – la situazione è caotica e né Mario Draghi né il Paese meritavano quanto sta accadendo, ma è fondamentale saper andare oltre.
Dove? Verso un Draghi bis anche a costo del sostegno di una maggioranza senza il Movimento cinque stelle. Attenzione – avverte Rossi – Draghi non è solo un tecnico chiamato a “salvare la Patria” in un momento emergenziale, ma è un politico di razza e come tale ha gestito questi 17 mesi di esecutivo. Perciò adesso ci si aspetta che agisca politicamente, aggregando attorno a sé una maggioranza che non necessariamente deve essere quella attuale appena disgregatasi. L’errore del Partito Democratico è quello di imporre questo tipo di paletti (così come quello della Lega è imporre veti tematici), quando invece servirebbe una alleanza strategica di tutte quelle forze che sostengono il premier non per mera convenienza o finto senso di responsabilità, ma perché ne sposano il progetto di lungo periodo.
Questa per Rossi è la sfida da combattere e vincere. L’illusione bipolarista fondata su coalizioni eterogenee e litigiose può essere dissipata solo da una strategia seria e concreta basata sull’Agenda Draghi e sul riformismo democratico che si sostanzia nelle riforme già in cantiere e in quelle oggetto del PNRR ancora da varare. Invece, sinistra e destra continuano a vendere fumo e a insistere con ipotesi di campi larghi o centrodestra uniti. Questi esperimenti, possono funzionare sotto emergenza, ma quando questa si allenta, sono destinati a franare sotto le spinte centrifughe che immancabilmente compaiono per far saltare il banco.
Insomma – si chiede Rossi – come è possibile che i moderati di sinistra e di destra possano stare accanto ai protestatari dell’uno e dell’altro campo. In parole semplici, come può Giorgetti coesistere con Conte, o come possono la Carfagna e i ministri di Forza Italia che magnificano la bravura e l’importanza di Mario Draghi per il Paese, stare in coalizione con la Meloni che di Mario Draghi è oppositrice strenua? Semplicemente non possono.
Ecco che quindi Draghi ha il compito oggi più importante che mai di fare uno step award, costituendo quel “progetto centrale” basato non solo e non tanto sulla sua persona, ma sul suo metodo e sulla primazia dell’interesse nazionale rispetto a quello personale o elettorale. E’ arrivato il momento di decidere da che parte stare, perché la politica è una cosa seria e non può essere ridotta a mera trattativa su ogni tema, su ogni articolo, su ogni comma. Se si riduce a questo, non è buona politica e non è buon governo, perché governare un paese è altro.
Certo, è logico e anche legittimo – riconosce Rossi – che in questo momento gli estremisti soprattutto a destra spingano per le elezioni anticipate nella speranza di capitalizzare consenso, ma non è questo l’interesse del Paese. Anche perché se anche vincessero, non sarebbero in grado di governare: non ne hanno la capacità o la qualità.
In sostanza Filippo Rossi offre una visione di insieme di che cosa realmente significa buona politica e buon governo, una questione di metodo e di merito, degna di essere affrontata e approfondita, perché con la cattiva politica della trattativa continua su ogni tema, la gente si disaffeziona e smette di andare a votare. E’ così che nasce l’antipolitica e quindi il populismo estremista. Le conseguenze di ciò è sotto gli occhi di tutti: una crisi di governo originata da un termovalorizzatore. Questo – per Rossi – non è decoroso per un grande paese. Come non è decoroso il ribaltamento della realtà di chi sostiene che Draghi si sia autosfiduciato visto che Conte un minuto dopo averlo “non fiduciato” ha dichiarato di esser pronto a votare la fiducia al Governo. Siamo all’esaltazione dell’interesse di parte a scapito del bene comune e – avverte Rossi – è una trappola nella quale Draghi non deve cadere.
Seppur comprensibile la frustrazione personale dell’essere continuamente sotto scatto e seppur comprensibile la voglia di sottrarsi al gioco al massacro condotto sulla sua persona, l’interesse del paese viene prima dell’interesse personale, ancorchè prestigioso e, di conseguenza, un Draghi bis è imprescindibile per il bene comune.
Infatti, la domanda che Mario Draghi dovrebbe farsi è “Cosa fa bene all’Italia in questo momento?” e la domanda successiva dovrebbe essere “L’esperienza Draghi – con tutto quel che ha comportato in termini di prestigio internazionale, riforme ecc. – finisce con Draghi o deve andare avanti traducendosi in un progetto che possa consentire all’Italia, finalmente, di andare a testa alta in Europa e nel mondo? E, si badi bene – continua Rossi –, è un progetto che non contempla né Conte né Salvini. Siamo alla fantapolitica? Forse, perché il leader di Buona Destra è un “visionario” (menomale!!), ma è l’unica via per restituire prestigio all’Italia anche agli occhi de mondo (le pressioni internazionali perché Draghi rimanga probabilmente arriveranno prestissimo) e credibilità a un Paese che la merita e che non può essere ostaggio dei grillini.
Solo Supermario può rispondere a queste domande e quindi solo lui oggi ha il boccino, non certo Giuseppe Conte.