La vittoria di Giorgia Meloni, tanto netta quanto scontata visti i sondaggi, in questa tornata elettorale certifica una chiara verità: in Italia per chi vota a destra non esiste purtroppo alternativa alla destra estrema. E, nonostante l’ottima percentuale ottenuta, va detto anche che rispetto al passato e agli estremisti leghisti e pentastellati ha raccolto anche meno del previsto.
Il successo della Meloni, in ogni caso, porta con sé diverse riflessioni. In primis il tramonto del populismo salviniano, con conseguente resa dei conti interna alla Lega, e il canto del cigno berlusconiano, con Forza Italia che ancora una volta per non morire si affida incredibilmente al traino di un leader 86enne. A destra Meloni sbaraglia tutti, ma non poteva essere altrimenti visti gli “alleati”: certo, la leader sovranista ha dei meriti, ma pesa soprattutto la mancanza di una alternativa credibile. Per non parlare della “sinistra”, o almeno di quella a cui l’ha ridotta la leadership dem di Enrico Letta, di fatto oggi già dimissionario: il Pd ha perso la sua identità riformista e progressista, non ha saputo più capire e parlare alla classe media e a quella piuù fragile, cedendo buona parte del proprio elettorato ai mancettari del M5S, incapace com’è stata di costruire una alleanza che potesse essere vera alternativa alla destra estrema e incapace di condurre una campagna elettorale che puntasse sui temi e prescindesse dalla demonizzazione della leader di Fratelli d’Italia. Ridicola, onestamente, l’apertura odierna di Letta al terzo polo: il momento degli accordi, con loro o con Conte, il leader del più grande partito di sinistra avrebbe dovuto stringerlo prima. La gestione delle alleanze da parte di Letta e del Pd è stata di fatto un suicidio. Ed ha spianato la strada alla destra sovranista.
In sostanza, vince la destra sovranista perché non esiste nel nostro paese una destra liberale vera, sul modello di quelle delle grandi democrazie europee. Ha perciò ragione il presidente del gruppo Renew Europe a Bruxelles, Stéphane Séjourné, quando afferma che “l’estrema destra italiana ha vinto le elezioni, la prima a farlo in un paese fondatore della UE: Ma se Meloni riesce a governare, è solo con l’alleanza con la cosiddetta destra ‘moderata’. Berlusconi e il Ppe sono i trampolini di lancio degli estremisti”.
Da parte loro, va detto che Matteo Renzi e Carlo Calenda ci hanno anche provato ad andare oltre il bipopulismo a cui è ridotta la politica italiana, ma è chiaro che il tentativo non è riuscito, sebbene il quasi 8% raggiunto (poco meno di quanto raccolto da Forza Italia) apra ora la strada ad un lavoro parlamentare che, almeno nelle intenzioni dei due ex esponenti piddini, dovrà servire a cementare la forza liberale e riformista a cui hanno dato vita. In due mesi era un miracolo sperare di poter ottenere più dell’8%, soprattutto a fronte dell’invito non raccolto da quella destra di area liberale e popolare che ha consegnato l’Italia a Giorgia Meloni.