“La storia non è altro che una continua serie di interrogativi rivolti al passato in nome dei problemi e delle curiosità – nonché delle inquietudini e delle angosce – del presente che ci circonda e ci assedia. Più di ogni altro universo umano ne è prova il Mediterraneo, che ancora si racconta e si rivive senza posa. Per gusto, certo, ma anche per necessità. Essere stati è una condizione per essere.”
Fernand Braudel, Il Mediterraneo
La storia insegna, ma a guardare l’Italia di oggi pare proprio di no. Siamo nel 2020, reduci (o quasi) da una pandemia devastante come una guerra che ci consegnerà un mondo totalmente cambiato, anche negli equilibri di potenza. Può sembrare strano, oggi, parlare dell’importanza di avere una politica estera degna di tale nome, ma non lo è affatto. A difesa della Patria e degli interessi nazionali, nel contesto più ampio di un’Europa delle Nazioni e non dei populismi e dei nazionalismi egoisti. Un’Italia solidale in politica estera come nelle decisioni economiche e in tutte quelle che incidono sulla vita della comunità delle Nazioni europee e mediterranee, recitando il ruolo da protagonista che le spetta. E’ un sogno? No, deve essere un obiettivo concreto. L’Italia, l’Europa, il Mediterraneo. Come anelli di una catena inscindibile per garantire stabilità, sicurezza e possibilità di crescita a tutto il Continente.
Perché l’Italia deve avere una politica estera da “media potenza”
L’Italia deve assurgere al ruolo di media potenza nello scenario Mediterraneo. E’ un ruolo che ci spetta, come scritto nella storia da oltre 2000 anni, fin da quando i Romani, sconfitti i Cartaginesi nelle guerre puniche, garantirono un prospero periodo di “pax” a tutto l’area del Mare Nostrum. Un ruolo che l’Italia della Monarchia ha mai saputo ricoprire, nonostante le ambizioni imperialiste, una parte che l’Italia repubblicana ha mai voluto interpretare seriamente. Eppure il nostro ruolo di media potenza è lì da vedere, inespresso se non in piccoli episodi che tuttavia restano nella storia delle relazioni atlantiche, uno su tutti il caso Sigonella. Quello che è evidente, invece, in modo drammatico, è l’abdicazione totale a favore dell’alleato storico, gli Stati Uniti, e di altre medie potenze (loro sì ambiziose) come la Francia. La strage di Ustica con i suoi oscuri depistaggi e le sue mancate verità ne è la dimostrazione plastica. Americani e francesi hanno potuto giocare un “wargame” costato la vita di 81 nostri connazionali, combattendo nei cieli italiani una battaglia aerea non autorizzata. La violazione dello spazio aereo, niente di più umiliante per la difesa di una Nazione, anche la più debole politicamente, figuriamoci per una cui la geografia e la storia hanno consegnato un ruolo da protagonista.
Cosa fa una media potenza oggi? Rispetta le alleanze storiche ma non si muove soltanto entro i limiti che queste pongono. Spiegava il compianto Carlo Maria Santoro, uno dei massimi studiosi di geopolitica al mondo che ho avuto l’onore di avere come professore alla Statale di Milano, nell’ormai lontano 1993, che la politica estera di una nazione che ambisce ad essere una “potenza”, media o grande che sia, non può prescindere dal riconoscimento dei pilastri della geopolitica. Che per Santoro significa Realgeopolitik, contrapposizione tra Terra/Mare, Est/Ovest, Heartland/Rimland.
L’Italia e la sua contrapposizione tra Terra e Mare, da una parte l’Europa continentale dall’altra il Mar Mediterraneo, da una parte gli stati dell’Unione Europea, tra cui alcune “medie potenze” militari (Francia) ed economiche (Germania) e gli stati del Maghreb. Con una simile prospettiva, che la politica estera italiana, senza considerare il nanismo politico quasi assoluto dei governi degli ultimi 30 anni, sia stata strabica è quasi scontato ricordarlo. Non è affatto scontato invece ricordare come la pseudo-destra sovranista, oggi incarnata dal duo Salvini-Meloni, non abbia alcuna idea concreta di politica estera e quindi non sia in grado di criticare nemmeno l’attuale, timida e a tratti contraddittoria, politica estera espressa dal governo Conte-bis.
Mare nostrum: il Mediterraneo, la Marina, la politica estera e di difesa italiane
Il Mediterraneo, il Mare Nostrum. Teatro nell’ultimo decennio delle tragedie dell’immigrazione clandestina, un’emergenza mai affrontata dall’Europa con uno sforzo corale e che ha visto l’Italia costantemente in prima linea. E in prima linea c’è sempre stata la nostra Marina Militare, con le sue navi ed i suoi uomini. Spesso lasciata al suo “dovere” senza chiare indicazioni politiche se non addirittura con intromissioni inaccettabili da parte di poteri non competenti. Basti ricordare il caso Salvini-Gregoretti per mettere a nudo l’imbarazzante situazione in cui si sono trovati, spesso, i nostri uomini in divisa sul mare. Quando mai una nave militare di una nazione è finita in “ostaggio” in un suo porto?
Eppure la Marina con le sue navi è lì. Qualche settimana fa ha destato stupore ad alcuni una foto satellitare del Golfo della Cirenaica, ultimo tratto d’acqua mediterranea prima delle coste libiche. Nello scatto, condiviso su Twitter da vari osservatori di cose militari tra cui Germano Dottori, si individuavano le sagome di quattro navi da guerra, a presidio del limite delle acque territoriali della Libia, dilaniata da un irrisolto conflitto civile. Gli esperti hanno individuato una fregata turca, una francese del tipo FREMM ed almeno due italiane, anch’esse FREMM, l’ultimo grido in fatto di tecnologia navale militare. Non si trattava di nessuna missione Nato programmata. Segnale che la Marina è lì, per far sapere che quel tratto di mare è “nostrum” e che gli interessi militari italiani nel Mediterraneo non sono mutati.
Negli ultimi 10 anni la politica della difesa, anche i termini di spesa per gli investimenti, ha patito pesanti riduzioni. Ma la Marina Militare ha gestito sapientemente il possibile, forte anche di amicizie politiche trasversali (ma ben poche dentro alla cosiddetta destra sovranista). Abbiamo una forza navale che può svolgere il ruolo di una piccola “blue water navy”, in grado di portare la sua presenza in tutto il Mediterraneo ed anche, oltre in missioni oceaniche, garantendo il supporto aereo e logistico in operazioni di peacekeeping e di sicurezza.
Uno strumento prezioso che ha bisogno di direttive politiche chiare, per concretizzare una buona politica di sicurezza. Azioni di deterrenza, di intervento dissuasivo e di presenza costante nelle aree calde del nostro bacino vitale costituiscono il cuore della politica estera di una media potenza, che riesca ad interpretare con serietà la Realgeopolitik. Ma per farlo ci vogliono forze nuove, soprattutto forze che riconoscono la politica di difesa come un valore fondante per una nazione moderna, una Patria che rassicura, che guadagna il suo prestigio internazionale con azioni concrete, conscia del proprio ruolo, rispettosa delle tradizionali alleanze, ma non in posizione subalterna. In tutto questo riconosco le linee di una politica estera e di difesa espressione della “Buona Destra”.