L’uomo da cui dipende per ora una parte della politica energetica nazionale si chiama Francesco Ferrari. È diventato sindaco di Piombino con Fratelli d’Italia nel 2019. Le motivazioni della sua contrarietà al rigassificatore sono molteplici. Per brevità, si possono riassumere in: sicurezza, economia e ambiente.
Tralasciando l’evidente scollamento tra l’indirizzo governativo sulle politiche energetiche per il Paese del Governo Draghi con la contrapposizione di un singolo sindaco di un comune dovuta a causa degli effetti NIMBY (non nel mio giardino) e NIMTO (non durante il mio mandato), a Ferrari non è venuto nemmeno un ragionevole dubbio sulla sua scelta considerato il periodo storico e la crisi geopolitica attuale.
Infatti, poco o nulla conta il fatto che il rigassificatoreè necessario per consentire all’Italia di importare gas liquefatto dagli USA, diminuendo così la dipendenza dal gas russo. Ancora meno, nulla importa che se non avremo sufficiente gas per i fabbisogni nazionali, il Governo dovrà diminuire i consumi per le imprese e le famiglie. Questo comporterà sul lato produttivo la possibile parziale chiusura di aziende e fabbriche energivore per alcuni periodi, con la relativa messa in cassa integrazione dei lavoratori. Mentre per le scuole o gli uffici pubblici, si ipotizza la chiusura parziale di un giorno a settimana, oltre ad accorciare il periodo in cui si potranno accendere i riscaldamenti.
Un danno incalcolabile che rischia di assestare il colpo decisivo al Paese ma che per Ferrari, in nome della sicurezza, economia e ambiente, si deve fare. Forse è tutta una questione semantica, ma per brevità, se penso alla sicurezza, mi viene in mente quella energetica per il Paese. Per l’economia, il gas liquido è necessario per far lavorare le industrie e mantenere i posti di lavoro. Mentre per l’ambiente, la Commissione Europea ha classificato le attività energetiche collegate al gas fossile, come attività di transizione che contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
In tema di energia, di peggio ha fatto il suo partito anni fa, favorendo (insieme a Lega, Movimento 5s e Casapound) il referendum contro il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti esistenti entro le 12 miglia dalla costa italiana.
Scelte queste che hanno reso vulnerabile il nostro Paese con la cessione della nostra sovranità energetica a favore di una importazione sempre maggiore di fonti fossili dall’estero, e in particolare per quanto riguarda il gas, dalla Russia.
La crisi geopolitica odierna necessita di risposte adeguate con tempi brevi. Questo modo di fare politica non lo è.