La scorsa domenica sera, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato il ritiro delle truppe francesi e dell’ambasciatore di Parigi dal Niger, in risposta alle richieste della giunta golpista al potere dal 26 luglio. Questo segna il terzo ritiro della Francia dal Sahel in soli tre anni, dopo il colpo di stato in Mali nel 2020 e in Burkina Faso nel 2022. Questa decisione ha sollevato una serie di preoccupazioni sulla stabilità e la sicurezza della regione, che è diventata un epicentro della violenza jihadista.
Nel 2007, solo l’1% delle migliaia di vittime causate dagli estremisti islamici ogni anno nel mondo era attribuibile ai massacri avvenuti nel Sahel. Tuttavia, nei quindici anni successivi, questa regione africana ha rapidamente scalato le classifiche della violenza globale. Nel 2022, i gruppi attivi nel Sahel sono stati responsabili del 43% delle vittime del fondamentalismo in tutto il mondo. Questa cifra da sola evidenzia l’importanza strategica di questa fascia di paesi situata nel Nord Africa per la sicurezza internazionale ed europea.
Il capo della giunta golpista, il generale Abdourahmane Tiani, ha accolto con soddisfazione l’annuncio di Macron, affermando che il ritiro delle truppe francesi rappresenta “un nuovo passo verso la sovranità” del Niger. Ha anche sottolineato che le “forze imperialiste e neocolonialiste” non sono più le benvenute nel paese. Tuttavia, questa affermazione sembra essere più retorica politica che una rappresentazione accurata della situazione.
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Il colpo di stato in Niger è stato innescato da tensioni interne al potere nigerino e da motivazioni personali del generale Tiani. Quest’ultimo temeva che il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum, volesse rimuoverlo dalla sua posizione di capo della Guardia presidenziale. Solo successivamente, il generale Tiani ha cercato di mascherare le sue azioni sfruttando sentimenti antifrancesi diffusi in Niger e usando manifestazioni di supporto a Putin e alla Russia per legittimare il suo colpo di stato.
La presenza della Francia nel Sahel era originariamente richiesta dai leader africani per ottenere aiuto nella lotta contro l’ascesa dei gruppi jihadisti. Tuttavia, i colpi di stato in Mali e Burkina Faso hanno portato a una svolta filorussa in entrambi i paesi, ma non hanno offerto soluzioni concrete per contenere i fondamentalisti. La presenza della Wagner di Evgeni Prigozhin in Mali, ad esempio, non ha portato a una maggiore sicurezza. Invece, i gruppi jihadisti continuano a guadagnare terreno, mentre la guerra interna causa un aumento significativo delle vittime civili.
Attualmente, la giunta nigerina è paranoica e divisa internamente sulla questione di a chi rivolgersi per ottenere supporto nella lotta contro il terrorismo e prevenire una crisi di insicurezza simile a quella che ha colpito Mali e Burkina Faso. Il generale Tiani teme un altro colpo di stato, questa volta contro di lui, da parte del generale Salifou Modi, attuale ministro della Difesa, o dell’ex capo delle forze speciali, il generale Moussa Salau Barmou. Entrambi hanno migliori connessioni internazionali rispetto a Tiani e stanno cercando supporto esterno, Modi in Russia e Barmou dagli Stati Uniti.
La situazione nel Sahel rimane incerta e complessa, con l’instabilità politica che si intreccia con la crescente minaccia del terrorismo. Mentre la Francia ritira le sue truppe, il destino di questa regione africana e la sua sicurezza futura rimangono incerti, con conseguenze potenzialmente gravi per la stabilità internazionale ed europea. La comunità internazionale deve affrontare questa sfida con determinazione e collaborazione per prevenire ulteriori tragedie nel Sahel.