«C’è una fondamentale differenza tra due punti di vista. Il mio è che l’Ucraina si deve difendere, le sanzioni e l’invio di armi servono a questo. L’altro punto di vista è diverso: l’Ucraina non si deve difendere, non dobbiamo mandare sanzioni e armi, perché la Russia è troppo forte e allora perché combatterla, lasciamo che l’Ucraina si sottometta dopotutto, ma cosa vogliono questi…». Quello che parla a braccio nell’aula della Camera in sede di replica dopo le Comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno è un Mario Draghi “scatenato”. E ne ha di motivi per essere soddisfatto. Rivolgendosi in particolare modo all’onorevole Fratoianni, il presidente del Consiglio ha ribadito con fermezza la linea del governo. «L’Italia e io cerchiamo questa pace, l’abbiamo cercata sin dall’inizio, ma per mettersi seduti e cominciare a delineare un piano di pace. C’è una parte che oggi sta continuando a cercare una guerra, e cercando posizioni di vantaggio. Solo quando saranno state stabilizzate in Ucraina si potrà parlare di pace. L’altra parte, l’Ucraina, dice ‘prima ve ne dovete andare, poi cominciamo a parlare’, sono due posizioni inconciliabili» ha spiegato l’ex numero uno della Bce. Con durezza Draghi ha condannato la folle iniziativa del leader del Cremlino Vladimir Putin senza però nominarlo: «La colpa è della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina», ha esclamato, prendendosi degli scroscianti applausi.
Rispondendo ad una domanda sulle sanzioni a Mosca, il premier ha affermato: «Io ripeto quello che tutte le organizzazioni internazionali mi dicono, ho la sensazione da tutti i dati che siano molto efficaci e che diventino ancora più efficaci questa estate. Tutti i segnali che arrivano dalla Russia danno l’evidenza di una grande preoccupazione che sta crescendo». E si è detto preoccupato per quanto sta accadendo, il suo pensiero è lì, a quel grano fermo in Ucraina, fondamentale per il fabbisogno alimentare di molte parti del mondo, soprattutto dell’Africa: «La tragedia umanitaria che sta per abbattersi sui Paesi che hanno meno di tutto al mondo, su coloro che sono i più poveri, è colpa delle sanzioni e dell’Europa? No, la colpa è della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina», ha detto Draghi. Ed è stata la sua una sonora risposta a quanti sono per il no al riarmo dell’Ucraina. Anche al leader del M5s. Giuseppe Conte negli ultimi giorni ha provato ancora una volta a rubare la scena, quasi a voler battere un colpo solo per far sapere a tutti che esiste ancora, ma ha perso su tutta la linea. E la scissione del Movimento lo prova.
Non è nello di stile di Draghi dire: “Io non è che voglio vincere, ma tu ancora una volta hai perso”. Super Mario, però, a differenza di altre occasioni, si è voluto anche togliere la soddisfazione di esaltare il risultato raggiunto: «Ringrazio perché il sostegno è stato unito e l’unità, come molti di voi hanno osservato, è essenziale specialmente in questi momenti. Ringrazio infine anche per un altro motivo, quasi personale: in questi momenti, quando il Paese è sia pure indirettamente coinvolto in una guerra, le decisioni che si devono prendere sono molto complesse, profonde, con risvolti anche morali. Per cui avere il sostegno del Senato nel prendere queste decisioni è molto, molto importante, per me», aveva detto ieri a palazzo Madama, quando era stato appena consegnato il testo definitivo della risoluzione di maggioranza. Una riflessione che il premier grossomodo ha fatto anche oggi alla Camera, dove ha ottenuto 410 voti favorevoli, 29 contrari e 34 astenuti.
Sembra retorico scriverlo, ma è così: la guerra è una gran prova, gli uomini andrebbero osservati uno ad uno in quel drammatico contesto lì. Chi ha letto «La Ciociara» sa perfettamente di cosa parlo. E la considerazione finale di Draghi che ha fatto ricorso alla parola “morale”, che in politica non è che si sente dire troppo spesso, sembra suggerire proprio quella lettura lì di Moravia. “Le nostre disgrazie ci rendevano indifferenti alle disgrazie degli altri. E in seguito ho pensato che questo è certamente uno dei peggiori effetti della guerra: di rendere insensibili, di indurire il cuore, di ammazzare la pietà”, si legge nel romanzo del ’57. È quello che il premier non desidera che accada al nostro Paese, di cui ha una considerazione altissima: «Ricercare la pace, superare la crisi: questo è il mandato ricevuto dal Parlamento, da voi. Questa è la guida della nostra azione (…) L’Italia continuerà a lavorare con l’Ue e i partner G7 per sostenere l’Ucraina». Solo una «pace concordata» e non subita «può essere davvero duratura»: «Il nostro sostegno a favore di Kiev è anche un impegno alla ricostruzione del Paese», ha rimarcato il presidente del consiglio. Che altro dire? Non solo ci ha liberato dai populisti, ma è tornato a far rimare “politica” con “etica”.