Vent’anni sono passati da quando Gianfranco Fini e Umberto Bossi unirono le loro firme per dare vita a una delle leggi sull’immigrazione più discusse e dibattute dell’Italia, la Bossi-Fini del 2002. Ma oggi, in un mondo profondamente diverso da quello del 2002, Gianfranco Fini si alza a dire che è tempo di cambiare.
In un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, l’ex presidente della Camera, lontano dalla scena politica da ormai dieci anni, ha espresso chiaramente la sua posizione sulla legge che porta il suo nome e quello di Bossi, affermando che è giunto il momento di rivederla alla luce dei cambiamenti avvenuti nel panorama internazionale e del mutare del fenomeno migratorio.
“Vent’anni dopo è cambiato tutto il panorama internazionale e il fenomeno migratorio si è trasformato. Oggi riguarda centinaia di migliaia di persone ed è dovuto a grandi fattori economico-sociali”, ha dichiarato Fini. Questa legge, spiega, “aveva la stessa impostazione della Turco-Napolitano: il migrante economico ha diritto di permesso solo se ha un contratto di lavoro”. Un’approccio che poneva l’accento sulla regolarità dell’immigrazione in base all’occupazione.
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Tuttavia, Gianfranco Fini sostiene che ora è necessario agire in un contesto sovranazionale e ripensare l’approccio all’immigrazione. La sua legge prevedeva quote di ingresso regolari, che in realtà portarono a una sanatoria di centinaia di migliaia di migranti. Questo, secondo Fini, dovrebbe essere il modello da seguire, un modello che tiene conto delle reali esigenze e della dimensione internazionale del fenomeno migratorio.
L’ex leader di Alleanza Nazionale mette anche in guardia dall’aumento della xenofobia e dell’uso politico della questione migratoria. Lancia un appello affinché la politica adotti un approccio più ampio e riflessivo, andando oltre la retorica elettorale. “La politica – afferma – dovrebbe fare un ragionamento più ampio rispetto alla battuta giornaliera del blocco navale tipica di una campagna elettorale”, perché “se su questa questione non cessa la propaganda e la campagna resta permanente in vista delle Europee non se ne uscirà mai”.
Quando si parla delle attuali posizioni della Lega di Matteo Salvini, che spesso dichiara il fallimento della soluzione diplomatica per la gestione dei migranti, Fini è critico. Sottolinea che il governo non è diviso, ma le dichiarazioni di Salvini sono percepite come parte di una campagna elettorale eccessiva. Tuttavia, non risparmia critiche neanche per gli accordi con i Paesi di origine dei migranti. “Sono buone intenzioni, ma ci sono Paesi che fanno resistenza. Prendiamo la Tunisia che dice: dateci i soldi e forse li fermiamo. La logica dell’interesse nazionale vale per tutti…”, afferma Fini.
Resta da vedere se questa proposta di rivedere la legge troverà il sostegno necessario per diventare una realtà nell’Italia contemporanea.