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Il Primo Maggio dei non garantiti: bassi salari e Sud al palo

Uno studio dello Svimez mostra che la pandemia ha aumentato il numero dei cosiddetti “lavoratori poveri”, persone che hanno retribuzioni più basse della media, in particolare nel nostro Mezzogiorno. Il ritratto del “lavoratore povero” è prevalentemente quello delle persone che non hanno garanzie contrattuali, che lavorano, cioè, con contratti di lavoro flessibile, a termine, collaborazioni e part-time ‘forzati’ (da 1,3 milioni nel 2008 a 2,7 attuali, da 490 mila a 900 mila nel Sud), fino ai contratti a chiamata di uno o pochi giorni.

Questi lavoratori ‘poveri’ sono il 20 per cento al Sud rispetto al 9 per cento del Centronord e alla media nazionale del 13 per cento. Nel Sud, un “cococo” guadagna la metà della media nazionale, il 35 per cento in meno se è un dipendente privato. Chi paga il prezzo più alto a livello nazionale sono le donne, che in media guadagnano il 27 per cento in meno della media, peggio ancora se vivono al Sud. Altre fonti indicano che non va meglio ai giovani: i trentenni oscillano tra 8 mila e 16 mila euro all’anno di retribuzione. Più in generale, i salari nel nostro Paese sono fermi al palo dal 2008: sono cresciuti di tre punti percentuali contro i 22 della media europea.

“Il Sud è solo una lente di ingrandimento di un mercato del lavoro italiano che funziona male, non è un’altra storia: è la stessa storia”, dice Luca Bianchi, direttore della Svimez, a Repubblica. “I contraccolpi sull’economia del Paese sono e saranno enormi, specie con l’inflazione a questi livelli, perché la questione salariale condiziona la ripresa e rischia di zavorrare anche l’impatto del Pnrr, Se non chiudiamo i divari, ci impantaniamo”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza può essere infatti una grande opportunità per affrontare le diseguaglianze, il divario nord sud e la questione salariale.

I bassi salari, che soprattutto nel Mezzogiorno sono sinonimo di consumi ridotti e bassa crescita, mostrano che siamo un Paese indebolito dalla pandemia e dalle mancate riforme del nostro mercato del lavoro. Un dato che deve far riflettere tra quelli dello studio Svimez è che gli statali laureati nel Sud hanno retribuzioni più o meno in linea con il resto del Paese. C’è dunque un divario strutturale e sempre più profondo tra lavoratori garantiti e non garantiti, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, un gap di cui la politica sembra non accorgersi e che anche quest’anno, nelle piazze sindacali, probabilmente resterà sullo sfondo.