“Noi supporteremo qualsiasi governo che abbia un chiaro approccio a favore dell’Ue, a favore dell’Ucraina e a favore dello Stato di diritto. Sono felice che Antonio Tajani sia qui, lui è la garanzia dell’atlantismo di Forza Italia. Antonio Tajani come possibile ministro degli Esteri di questo governo sarebbe per noi il simbolo della continuità del nuovo governo italiano e del suo posizionamento europeista”.
“Conosco Antonio Tajani da molti anni. E’ un europeista convinto, un convinto sostenitore delle relazioni transatlantiche, un italiano impegnato, lavorerà perché il suo paese rimanga nel cuore dell’Europa. Ho parlato con tutti i leader politici italiani e il mio messaggio all’Italia è restare nel cuore dell’Europa. Non ho dubbi sul suo atlantismo”
Sono le parole del capogruppo e presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, e della Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, presenti al summit del PPE a Bruxelles. Che ribadiscono la completa affidabilità di Antonio Tajani, europeista e atlantista convinto, nel PPE, nonostante le dichiarazioni aberranti di Berlusconi sull’Ucraina, diffuse in un audio carpito a una riunione di Forza Italia, in cui il Cav sparava a zero su Zelensky ed esaltava la “dolcezza” dell’amico Putin.
Metsola e Weber, tuttavia, parlano di Tajani, senza nominare mai Berlusconi. E non è un caso. L’obiettivo immediato è evitare quello che la diffusione del delirante audio voleva provocare: non far affidare, all’interno del Governo Meloni, il ministero degli Esteri all’ex presidente del Parlamento europeo. Perché è assolutamente evidente che dietro quegli audio ci sia la lotta intestina tra le correnti di FI, quella più moderata e filo meloniana che fa capo allo stesso Tajani, e quella più estremista e più filo leghista (e putiniana) guidata dalla vestale di Arcore Licia Ronzulli.
Da quale parte stia il PPE è più che evidente. Tuttavia il vero anello debole di tutta la vicenda è lo stesso Tajani, che, nonostante rischi ancora una volta un posto nel governo – ma anche la leadership di quello che resta era di Forza Italia dopo Silvio – non si smarca dal giogo di Arcore, al punto di rischiare di restare ancora una volta escluso dal governo, come accaduto per l’esecutivo di Mario Draghi. Non solo: una simile ipotesi limiterebbe anche il peso dell’ala più liberale e democratica di Forza Italia, quella che aderisce più propriamente ai valori del PPE.
“La trattativa per il governo non si riapre – ha detto Tajani -. Farò il ministro degli Esteri se si riterrà utile, è Berlusconi a trattare”. Ma è proprio Berlusconi il più grosso ostacolo nella strada di Tajani verso la Farnesina.