Un romanzo fantapolitico sulla vita e le gesta di Vladislav Surkov, il consigliere ufficiale di Putin sull’Ucraina e, ancor prima, l’uomo che ha contribuito a portare il nuovo Zar al potere. “Il mago del Cremlino” è il titolo dell’appassionante romanzo che Giuliano da Empoli gli ha appena dedicato. Nel libro, in uscita per Gallimard il 14 aprile, Vladislav Surkov diventa Vadim Baranov perché “i fatti sono reali, i dialoghi e la vita privata immaginati — spiega da Empoli in un caffè parigino al corrispondente del Corriere della Sera —. L’idea, alla quale ho cominciato a lavorare sette o otto anni fa, era di entrare nella testa di questi personaggi e la fiction, paradossalmente, è l’unico modo che permette di arrivare comunque a una forma di verità”.
Non è un caso, allora, se la frase di apertura sia una citazione di Alexandre Kojève: “La vita è una commedia che va recitata con serietà”.
“Riassume bene lo spirito del personaggio e di questa vicenda: in un mondo grigio di ex funzionari del Kgb e di affaristi, Surkov esce dall’Accademia di arte drammatica di Mosca, scrive romanzi sotto pseudonimo e i testi per un gruppo di rock gotico, ha in casa i poster del rapper americano Tupac Shakur, e prende il suo lavoro di spin doctor come una performance artistica”, spiega lo scrittore, per il quale la costruzione del regime di Putin pesa eccome nella tragedia del conflitto in Ucraina.
“È fondamentale – dice – perché Surkov importa nella propaganda politica l’approccio del teatro d’avanguardia: non comunica la realtà, la crea. Una realtà che almeno all’inizio prevede il potere assoluto di Putin ma anche il finto contropotere di partiti di opposizione in realtà totalmente controllati e anzi incoraggiati da Surkov. Una realtà che assomiglia molto allo straordinario romanzo distopico Noi di Evgenij Zamjatin, che nel 1920 ha previsto la società di controllo pervasivo che domina oggi in Russia e si fa sentire anche in Occidente con i social media, da Tinder a Facebook”.
Giuliano da Empoli ritiene inoltre che la violenza dispiegata in queste settimane sia all’origine del dominio di Putin sulla società russa. “Il compito della propaganda è inventarsi le ragioni della violenza e dare della realtà molte versioni: non deve fornire certezze ma distruggerle”. Nel libro viene ricordato il momento terribile dell’ “11 settembre russo”, gli attentati che nel 1999 devastarono due edifici alla periferia di Mosca e che scatenarono in reazione le atrocità della seconda guerra in Cecenia. “Putin all’epoca era già al potere, ma poco popolare: non superava il 3 per cento nei sondaggi. Quegli attentati misteriosi, dai responsabili mai accertati ma attribuiti ai ceceni, permisero a Putin di porsi come il salvatore della patria minacciata. Grozny fu rasa al suolo o quasi, e quella violenza permise a Putin di imporre non solo il suo potere ma anche la sua popolarità”.
Per lo scrittore “Putin ha bisogno con cadenza regolare di sfogare all’esterno la violenza che cova nella società russa e sulla quale lui ha costruito il suo regime. Nel mio libro immagino un dialogo notturno nel quale Putin ragiona sulla perdurante popolarità di Stalin tra i russi. Gli occidentali pensano che sia perché i russi hanno dimenticato le purghe, dice, ma è vero il contrario. Stalin resta popolare proprio a causa dei massacri: lui sì che sapeva come si trattano i nemici del popolo”.
E se la vita è una grande messa in scena da recitare con serietà, si spiegano anche le contro-verità russe sul massacro di Bucha e altre atrocità. “L’inversione straordinaria è che oggi le fake news si travestono da fact-checking sulle notizie dall’Ucraina. I cadaveri lasciati per strada? Secondo i russi sono attori”.
«È propaganda a uso interno, soprattutto, ma qualcuno che ci crede lo trovano anche in Occidente. La realtà non conta poi molto nel teatro d’avanguardia. Non importa che la versione ufficiale sia credibile e ben fatta. Anzi, meglio dare due, tre, anche cinque spiegazioni diverse, e se sono strampalate pazienza. L’obiettivo non è convincere, dare certezze, ma distruggere ogni certezza».
Al termine dell’intervista, da Empoli spiega il motivo per cui Surkov ha lasciato il Cremlino. “«Quelli come lui, i manipolatori sottili, in questa fase hanno perso. Di fronte alla violenza nuda e cruda, c’è poco spazio per loro. Ma l’eredità di Vladislav Surkov rimane. Se non hai la forza di imporre il tuo ordine, punta sul caos. Temo che sia questa la strategia che Putin adotterà in Ucraina”.