Con la sua diretta e pungente analisi, l’indomabile Garry Kasparov non ha fatto altro che evidenziare quello che pensiamo da tempo: l’Unione Europea deve fare di più. Deve osare di più nel suo approccio alla politica interna russa.
La critica di Kasparov nasce da una considerazione dolorosamente realistica. Se Putin avesse conquistato Kiev in pochi giorni, l’Ue avrebbe quasi certamente dovuto trattare con lui e riconoscere il governo russo-sostenuto. Fortunatamente, Zelensky e la resistenza ucraina hanno impedito questa sconfortante eventualità, consentendo all’Europa di mantenere la sua posizione.
Tuttavia, la questione rimane: fino a quando l’Unione si limiterà a reagire invece di agire? La politica di attesa non può e non deve essere la nostra unica strategia di fronte ad una potenza come la Russia. Kasparov ci sfida a guardare oltre, a fare un passo coraggioso verso l’impegno diretto.
Questo non significa che l’Ue debba cercare una ingerenza sfacciata negli affari interni russi, ma piuttosto sostenere attivamente quegli elementi democratici e liberali che lottano per la loro sopravvivenza all’interno del paese. Bisogna riconoscere che la nostra posizione di “non intervento” può essere, di fatto, un atto politico in sé.
Kasparov ci mette di fronte a una scelta. O l’Europa può restare passiva, permettendo a Putin di imporre la sua volontà, o può scegliere di svolgere un ruolo più attivo, sostenendo la democrazia e i diritti umani in Russia.
È una chiamata al coraggio. Il coraggio di sostare sul filo del rasoio tra il rispetto della sovranità altrui e il desiderio di difendere i valori su cui l’Unione Europea si fonda. In questo, dobbiamo riconoscere che l’Unione non è semplicemente un blocco economico, ma un’entità politica con un senso di responsabilità morale.
L’appello di Kasparov a un’Europa più attiva nei confronti della politica interna russa è più che una sfida. È un monito, un richiamo al nostro senso di giustizia e responsabilità. Non possiamo ignorare questa richiesta. La situazione russa, l’aggressione verso l’Ucraina, il trattamento riservato ai dissidenti all’interno del paese, sono tutti campanelli d’allarme.
L’Europa, forte dei suoi valori e del suo ruolo di promotrice della pace e della democrazia, deve rispondere a queste sfide con coraggio e determinazione. E se l’Unione non è pronta a svolgere un ruolo più attivo nei confronti della politica interna russa, allora, come suggerisce Kasparov, si troverà a dover trattare con i signori della guerra piuttosto che con i difensori della democrazia.
Dunque, il discorso di Kasparov non è solo un richiamo alla coscienza dell’Unione europea, ma una prospettiva di futuro. La sua richiesta è un invito a svolgere un ruolo proattivo nella promozione dei valori democratici, non solo all’interno dei nostri confini, ma anche oltre.
Riconoscere questa responsabilità e agire di conseguenza potrebbe non solo prevenire ulteriori conflitti, ma anche promuovere un cambiamento verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Russia. Potrebbe rappresentare un passo verso la stabilizzazione dell’Europa orientale e il rafforzamento del suo ruolo globale.
In conclusione, l’appello di Kasparov merita la nostra attenzione e considerazione. È il momento di riconsiderare il nostro approccio alla politica interna russa, non solo in risposta alle azioni di Putin, ma per promuovere attivamente i valori che difendiamo. Non possiamo permetterci di restare a guardare mentre la democrazia viene minacciata. Come ha saggiamente sottolineato Kasparov, la sfida ora si sposta a Mosca, e l’Europa deve essere pronta a incontrarla.