Se in Italia un bipolarismo vero esiste, è quello incarnato da Giancarlo Giorgetti e dai responsabili dei vari partiti che cercano di tenere in piedi il Governo Draghi. Giorgetti il bipolarista, tra responsabilità e irresponsabilità, l’uomo della Lega di governo che, di fatto, dopo il vertice di lunedì a via Bellerio, ha chiarito come stanno le cose nel mondo reale a Matteo Salvini e company e dato un aut aut sulla rotta da seguire, ribadita questa mattina su Repubblica da un pezzo a firma di Francesco Bei. “Basta coi rivoluzionari della scuola Radio Elettra, è un momento molto particolare, di incertezza, che travaglia imprese e famiglie. A queste bisogna restituire un minimo di garanzie. Occorre saper cogliere il senso storico del momento. Ed essere all’altezza”.
Insomma, Giorgetti stavolta ha rotto gli indugi e ha parlato chiaro. O si è responsabili con Draghi o si è irresponsabili con Conte. Niente mezze misure. Messaggio chiaro ai vari Claudio Borghi e company, scagnozzi di Matteo che lo spingono a lasciare il governo e che da mesi hanno messo nel mirino, se non lo stesso Giorgetti, almeno i vari Fedriga e Zaia, esponenti di spicco dei malpancisti del Carroccio. “Il problema non è Matteo, lui è decisamente più avanti di tanti che lo circondano” ammette Giorgetti, mimando una difesa del suo segretario, il quale a via Bellerio non ha però dato seguito alla resa dei conti voluta da quelli che oggi Il Foglio definisce “oltranzisti nostalgici del trucismo che fu”. Ma non ha neanche fatto chiarezza su cosa farà davvero la Lega qualora si consumasse dentro la maggioranza Draghi lo strappo di Conte, con cui è sbocciato da tempo di nuovo l’amore gialloverde.
La proposta di Giorgetti, tuttavia, è l’esatto opposto di quella di chi chiede a Matteo la revoca del sostegno al governo inseguendo l’avvocato del popolo. Giorgetti e i suoi vogliono che sia proprio la Lega a sostenere il governo in questo momento, puntellandolo in maniera responsabile anche e soprattutto di fronte ai capricci a cinque stelle. E lo ha detto, con toni anche duri, nel redde rationem di lunedì. “La politica non è filosofia, è l’arte del possibile. Se volete fare la rivoluzione auguri – ha detto il ministro del Carroccio più importante del Governo Draghi -. Io parlo in un certo modo. Se vi fa schifo, se non serve e pensate non sia utile, amen, tolgo il disturbo. Voi pensate che io sia parte del problema. Alle mie spalle mi accusate di essere una sorta di incrocio fra Rasputin e Andreotti. Benissimo, basta che lo diciate. Mi è già successo in passato con Umberto Bossi di non essere considerato ‘in linea’: sono stato a casa qualche mese e mi sono riposato. Che problema c’è? E gli alleati del centrodestra? Forza Italia e centristi, ci avete pensato? Sono tutte merde? Ma che c… dite? Come pensate di avere la maggioranza dopo le elezioni, con Conte e Letta?”.
Parole che hanno lasciato sbalorditi i “rivoluzionari della Scuola Radio Elettra”, ma non al punto di farli desistere dal “consigliare” Salvini sull’uscita dal governo. Ma Salvini ha capito davvero di essere un leader ormai commissariato? La smetterà con le minacce del Papeete2 o correrà dietro agli isterismi di Giuseppi, rischiando però così di dire addio alla Lega di governo che è il volto migliore del suo partito? La rabbia di Giorgetti e dei suoi, ormai non più celata, basterà a convincere la Lega ad un’azione politica responsabile nell’interesse del Paese?