Il quadro della politica italiana sta cambiando. Forse. Certo è che la legge elettorale torna a far parlare di sé, proprio quando gli occhi del mondo sono puntati sul conflitto russo-ucraino. Sembra un tempismo anomalo ma, in realtà, non lo è affatto: la stabilità delle compagine governative non è affatto un dettaglio per avere un Paese forte nello scenario globale che si disegnerà nei prossimi anni. E, allora, sembra che oggi le forze politiche siano pronte: Nicola Zingaretti fa emergere a chiare lettere quel che ormai si muove sempre più velocemente nel Pd: la svolta proporzionalista con pieno avallo di Enrico Letta.
Ma la vera sorpresa è lui, Giuseppe Conte, quando ieri pomeriggio plaude alla svolta proporzionalista dei dem e, addirittura, la fa sua: “La riforma della legge elettorale in senso proprzionale l’ha proposta per primo il Movimento 5 Stelle”.
Per cambiare la legge elettorale, tuttavia, è necessario che la Lega (per non farsi cannibalizzare da Meloni) o Berlusconi (per non essere fagocitato dal Carroccio) si convertano al proporzionale. La Meloni, dal canto suo, gioca tutte le sue chance sull’opzione opposta.
C’è poi Filippo Rossi, leader della Buona Destra, che lancia un appello pubblico a chiunque possa accoglierlo. “Vi prego, serve il proporzionale”, scrive sull’Huffpost.
Per Rossi “non è questione di interessi particolari”, tutt’altro: “E’ una questione più valoriale che politica, più psicologica che razionale”, e l’esempio principe da fare è questa maledetta guerra che Vladimir Putin ha scatenato contro l’Ucraina. “Per un moderato e liberale di destra è insopportabile dover andare a braccetto con chi esulta per la vittoria di Orban. Ed è insopportabile doversi alleare con chi pensa che non bisogna aiutare la resistenza Ucraina in nome di piccoli interessi di bottega. E lo stesso vale per un riformista di sinistra: come diavolo può sopportare di sedersi allo stesso tavolo con chi pensa che in fondo Putin ha le sue ragioni? Non può, appunto”.
Per Rossi, insomma, questo maledetto bipolarismo in salsa italiana costringe a rapporti politici contro natura (e vai a dargli torto). “Europeisti con antieuropei, liberali con populisti, moderati con sovranisti. Un minestrone rancido – scrive – che tutto uniforma e tutto annulla. Perché quando le differenze incompatibili arrivano fin dentro ai singoli partiti è evidente che l’effetto finale è l’impossibilità di prendere decisioni. Alla ricerca di compromessi impossibili la politica si blocca a difesa di apparati burocratici che stanno in piedi solo per salvaguardare se stessi e qualche scampolo di potere. Solo così si spiega, ad esempio, la delega totale e assoluta a un tecnico come Mario Draghi alla guida del paese: questo bipolarismo, semplicemente, non è in grado di governare. E non lo è – conclude Rossi – proprio a causa della promiscuità interna che caratterizza i due blocchi costruiti a tavolino senza nessun vero collegamento con la realtà”.