Il ritorno della retorica della destra estrema, tutte chiacchiere e distintivo, tutta no agli sbarchi, complottista, avversaria dell’establishment e dell’alta finanza cattiva, dei Soros e dei “nemici del popolo”, è destinato a tenere banco nelle prossime settimane di campagna elettorale.
Tuttavia, riprendendo una interessante analisi de Il Foglio di oggi, va sottolineato come tale retorica, soprattutto per ciò che concerne la demonizzazione dei poteri forti che contrasterebbero la volontà elettorale del popolo sovrano, si sia già ormai andata ad infrangere sulla caduta del governo di Mario Draghi, l’uomo dell’establishment per antonomasia, e sul ritorno alle urne a fine settembre. Il mancato crollo dei mercati finanziari e una certa fiducia nell’Italia anche a fronte della possibilità che vincano le elezioni i sovranisti estremisti e populisti ne sono la riprova: insomma, in Italia il rischio del “complotto plutocratico” tanto caro a certa destra non esiste. E non esiste perché esistono il PNRR e le riforme che, populismi o meno, vanno portate a termine a prescindere da chi governerà il Paese: perché senza progettazione e sviluppo, senza utilizzare l’enorme debito pubblico per prospettive di crescita, l’Italia andrà a sbattere contro le solite promesse elettorali di un establishment – quello sì che lo è davvero – che ha già fallito ma che torna alla carica con proposte vecchie e insostenibili. Come l’aumento delle pensioni.