Comprendere le paure della gente di fronte alla crescente pressione causata dall’immigrazione non significa assecondarle gettando continuamente benzina sul fuoco. La Destra, con la D maiuscola, non deve lasciarsi tentare dall’uso demagogico che molti ne hanno fatto fino ad ora, trasformando la naturale diffidenza per il diverso e il disorientamento prodotto dai grandi cambiamenti socio-economici globali in bieca propaganda elettorale.
La realtà è che i flussi migratori aumenteranno nei prossimi anni e non si fermeranno né con i blocchi navali né con l’esercito, ma si possono governare già oggi con la buona politica e il rigore. È un compito gravoso a cui la destra ha il dovere morale di dare risposta. La sinistra italiana, con limitate eccezioni, non ha infatti mai saputo conciliare la difesa dell’interesse nazionale ed Europeo con il lodevole carattere umanitario che da sempre la caratterizza. Nei suoi anni al governo, perseguitata da questa storica contrapposizione ideologica, ha prodotto invece una retorica paternalistica che non ha saputo dare risposte concrete né a chi con l’immigrazione doveva convivere sul territorio né agli stessi immigrati, troppo spesso abbandonati a loro stessi. Ciò ha creato una pericolosa polarizzazione tra chi vorrebbe accogliere tutti senza controlli e chi invece vorrebbe semplicemente chiudere le frontiere e non far entrare più nessuno. Ma la tutela dell’interesse nazionale e dei diritti dei migranti non sono contrapposti in un gioco a somma zero.
La ricetta non è semplice e richiede una complessa alchimia, un delicato equilibrio di rigore e umanità che è possibile solo a destra. Prima di tutto è necessario fare un salto di qualità, aumentando gli sforzi in politica estera, oggi al minimo storico. Bisogna lavorare molto per ricostruire i rapporti di fiducia e rispetto reciproco con le altre nazioni europee, potenziare l’attività congiunta della UE, aumentare i rapporti bilaterali con i paesi africani e, cosa molto importante, investire ingenti risorse nella naturale vocazione dell’Italia ad essere un power player nel mare nostrum, contrastando fattori di pull-out migratorio come la penetrazione economica Cinese nel Mediterraneo, oltre che i sempre più frequenti slanci egemonici turchi.
Per raggiungere lo scopo serve cambiare postura internazionale, adottando posizioni anche aggressive, e abbandonare una volta per tutte la paura di essere e apparire internazionalmente forti e risoluti. Bisogna iniziare a proiettare forza e deterrenza, pur privilegiando soluzioni negoziali diplomatiche nel rispetto della nostra Costituzione, impiegando quando serve e in modo deciso del nostro strumento militare al fine tutelare i nostri interessi e quelli europei.
Sul fronte della politica interna, è necessario invertire drasticamente la rotta fin qui tracciata nella gestione dell’arrivo e dell’accoglienza dei migranti. Lo Stato deve riconquistare il suo ruolo guida, razionalizzare il sistema dei centri di accoglienza e lasciare al volontariato compiti di supporto, come ad esempio il salvataggio in mare o i necessari servizi di alla persona. L’integrazione va infatti perseguita con il rigore che solo lo Stato può avere e non lasciata alla libera iniziativa individuale. Istituire percorsi chiari ed accessibili per l’immigrazione regolare e l’acquisto della cittadinanza è un passo che va nella giusta direzione, ma solo se accompagnato da un controllo stretto e da pene severe per chi viola le regole.
Ad esempio, l’acquisizione di competenze linguistiche e culturali va resa obbligatoria, pena la mancata concessione del permesso di soggiorno, ed economicamente accessibile. Va scoraggiato il formarsi di enclaves e il fenomeno dell’autosegregazione, che è tipico di un’immigrazione abbandonata a se stessa e che culmina con la costituzione di ghetti nei quali prolifera il degrado. Va infine contrastata la criminalità che trae vantaggio proprio dal degrado e dall’attuale situazione di disorganizzazione. Solo così sarà possibile dare risposte concrete alle paure della gente e gestire i fenomeni migratori in modo ottimale, senza venire meno alla vocazione dell’Italia di faro umanitario.