“Il liberalismo è l’unica dottrina politica che ha successo sulla lunga durata: nato dopo le guerre di religione, rilanciato alla fine delle Guerre mondiali, si basa sull’idea che c’è diversità all’interno della società e bisogna trovare il modo di dialogare e convivere. Oggi è però in pericolo. Nei decenni di pace che ci ha garantito, da destra e da sinistra c’è chi si è impadronito cinicamente dei suoi valori, estremizzandoli”.
Lo ammette, trent’anni dopo la pubblicazione del celebre “La Fine della Storia e l’ultimo uomo”, il politologo di Stanford Francis Fukuyama, 69 anni.
Nel saggio scritto nel 1992, dopo lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, Fukuyama sosteneva che il liberalismo democratico – che nell’accezione americana è l’innesto tra dottrina classica e democrazia – non aveva più rivali: “Capolinea dell’evoluzione ideologica dell’umanità”. Ma oggi è costretto a correggere il tiro: “Le cose sono più complicate” e con il suo nuovo “Il liberalismo e i suoi oppositori”, edito da Utet, prova a dimostrare che quella dottrina è ancora il fondamento della democrazia e va difeso a livello politico e culturale.
In un’intervista a Repubblica, il politologo spiega perché il liberalismo classico sia stato deformato negli ultimi decenni. “Da destra i sostenitori dell’economia neoliberista hanno trasformato il libero mercato in dogma, distorcendo l’economia fino a renderla instabile mentre l’individualismo è diventato opposizione a tutte le regole che limitano il sé, anche quando imposte per il bene collettivo. Da sinistra, convinti che il liberalismo è un sistema elitario che opprime determinati gruppi in base a etnia, genere, orientamento sessuale si è arrivati a rivendicazioni identitarie che stanno trasformando il bisogno di rispetto insito nel politicamente corretto in intolleranza”.
E’ necessario, e anche urgente, allora liberarsi dalle estremizzazioni, senza minare i diritti di individui o gruppi che patiscono effettivamente ingiustizie. “Per garantire equità e democrazia – sostiene Fukuyama – serve vigilanza, dibattito, un approccio che ne rivitalizzi costantemente i valori moderandone le depravazioni. Solo la buona politica sconfigge gli estremismi. La società è troppo eterogenea per pretendere che funzioni sostenendo solo gli interessi di alcuni: individui o gruppi che siano. Per sopravvivere deve essere aperta e accogliere la diversità che esiste al suo interno”.
Proprio per questo, forse, la democrazia è in pericolo e lo conferma un rapporto di Freedom House – che cita lo stesso politologo durante l’intervista – secondo cui fra la fine degli anni ’70 e il 2008 il numero di democrazie nel mondo è passato da 35 a oltre 100 mentre oggi quel numero è in declino: se non nominalmente, certo per qualità del sistema. D’altronde, basta pensare agli scossoni subiti di recente dalle due democrazie più grandi del mondo, Stati Uniti e India. E all’arroganza di autocrazie come Cina e Russia. “I principi base della democrazia, ovvero tolleranza delle differenze, rispetto dei diritti individuali, stato di diritto, sono oggi effettivamente minacciati”.
Arrivando a temi di stretta attualità, Fukuyama sostiene che Putin – che già nel 2019 attaccò duramente il liberalismo definendolo “sorpassato” sul Financial Times – “è da tempo motore di una campagna anti-liberale globale, condotta con l’aiuto di leader populisti come Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump in America. Figure che, dopo essere state elette democraticamente, hanno minato proprio il sistema che li ha portati al potere. Di sicuro con l’invasione dell’Ucraina, Putin ha fatto chiarezza morale: mostrando qual è l’alternativa al liberalismo e quanto questa sia brutale. Terribile che sia accaduto ma utile lezione per tanti”.
Questa, secondo il politologo, la radice del conflitto in Ucraina. “Il lungo periodo di pace e prosperità seguito alla caduta dell’Urss ha spinto tanti a dare il liberalismo democratico per scontato. Putin ha invaso il suo vicino proprio perché convinto che l’Occidente fosse troppo diviso e non credesse più in niente. È stato smentito. Le istituzioni europee sono generalmente sane. Certo più di quelle americane”. Fukuyama sostiene infatti che la democrazia americana è sotto stress. “I liberali secondo la mia definizione, politici come Joe Biden per intenderci, credono nella legge e in un sistema giudiziario indipendente, non partigiano. Proprio ciò che Donald Trump ha attaccato fin dalla sua elezione, arrivando, ad esempio, al totale sbilanciamento della Corte Suprema. Ci salva, per ora, il check and balance, il meccanismo che mantiene l’equilibrio dei poteri. Ma ha funzionato perché all’interno del sistema c’erano dei liberal democratici veri. Purtroppo, coloro che vorrebbero comportarsi come Putin a dispetto della legge, aumentano”.
Ma la speranza che il liberalismo sopravviva esiste: “Morirà solo se la gente smetterà di crederci. E questo accadrà se non ne sostanziamo l’importanza. Ecco cosa mi ha spinto a scrivere questo libro: e forse vale anche per altri. Finora abbiamo vissuto in una società democratica senza interrogarci sulle sua fondamenta e sulle alternative. Bisogna ricordare alla gente che il liberalismo ha ottimi motivi e vale la pena difenderlo. Non sta in piedi da solo, serve l’impegno di tutti”.