di Francesco Rubera
Il 9 maggio di 70 anni fa Robert Schumann annunciava al mondo intero la nascita di una
comunità radicalmente rinnovata nei suoi principi fondamentali di democrazia e di solidarietà tra gli stati europei che la ispiravano. Nasceva il primo processo democratico di pacificazione e unificazione tra Stati che, fino a pochi anni prima, erano usciti nemici dallo scontro della guerra e che sceglievano la pace, non per allearsi contro un nemico, ma consapevoli di unirsi, costretti dalla minaccia esterna della povertà del dopoguerra e consapevoli di voler creare le basi di una Europa migliore , cancellando le atrocità della guerra infame, famosa alla storia per il disprezzo della vita umana dell’olocausto, foraggiato dal razzismo spietato della follia collettiva nazista. Settanta anni dopo si celebra questo anniversario Europeo con una minaccia differente rispetto a ieri, ma la cui pericolosità mina la coesione e il futuro dell’Unione.
Le conseguenze della pandemia tra lutti e crisi economica non sono meno di una terza guerra mondiale, non sono meno rispetto a quelle atrocità storiche. Quando una epidemia sfugge di mano non conosce tempo e spazio, diventa endemica, peggio della guerra. È una guerra contro la scienza, contro la natura e di conseguenza contro l’economia, diventando un nemico infallibile, imbattibile, molto più forte di un esercito di legionari e soldati di mestiere.
Il sistema produttivo è crollato e con esso crescono le diseguaglianze fra le lavoratrici e i lavoratori, distruggendo il substrato di coesione sociale e di partecipazione dei lavoratori nel processo produttivo creato dal dopoguerra ad oggi, ma è crollato definitivamente un sistema produttivo obsoleto, slegato dall’ ecosistema e tutto ciò a discapito dei più esposti , con forte impatto sulle categorie più deboli nelle nostre comunità. Tuttavia, grazie alla storia del dopoguerra, dopo settanta anni di esperienza e di integrazione sociale, i cittadini europei escono molto più forti e consapevoli della necessità di restare uniti ad affrontare il nemico della crisi globale. È necessario fondare con spirito innovativo e critico una nuova realtà che dia una spinta verso la Costituzione democratica degli organismi europei sovranazionali, verso un modello di stato democratico federale, negato in tempi di sterilità di pensiero dal referendum Olandese e Francese, e che sino ad oggi, dopo la creazione dell’Europa monetaria, sovrasta la democrazia popolare e impedisce lo sviluppo e l’emancipazione dell’Unione verso uno stato federale.
Il Parlamento europeo e la Commissione europea, oggi, debbono avere il coraggio di elaborare un nuovo grande “Progetto per l’Europa“, trasformando la pandemia in opportunità, facendo di questa lotta necessaria una virtù che ci accompagni verso una nuova fase di integrazione europea tra stati membri ,tra popoli e nazioni figlie dell’impero romano. Una Europa fondata su fattori comuni, legati dai valori delle culture coesive e delle tradizioni che ci accomunano tutti, unendo i cittadini Europei sotto la stessa casa della città eterna che li ha nazionalizzati storicamente e culturalmente, verso una condivisione di valori non slegati e scissi dal concetto di sovranità. Una Europa che vada oltre i confini degli stati membri europei, ma che abbia un organismo dotato di poteri di rappresentanza e rappresentatività del popolo mai visti prima d’oggi nella sua storia, quali strumenti di democrazia di uno stato federale che riceva dignità di parola e credibilità a livello mondiale. Solo questo cambiamento potrà accompagnare l’Europa verso un processo di competizione economica nel mondo globalizzato, attraverso un modello di economia rispettoso dell’ecosistema e di ecologia che sappia coniugare l’uguaglianza delle opportunità e
lottare contro le diseguaglianze della povertà, attraverso un processo di inclusione sociale indirizzato verso un concetto nuovo e nella direzione dell’obiettivo della piena occupazione e del contrasto alla precarietà non conformi alla sostenibilità di una crescita ecologica.
Per realizzare tutto ciò occorre modificare il passo verso una nuova strategia industriale, che comprenda la cooperazione, che dia spazio allo sviluppo della ricerca, nella direzione di un sistema di formazione scolastica che punti al ricambio generazionale, alla parità di genere, verso forme di partecipazione civile, di equa distribuzione della ricchezza e di rinnovata linfa di democrazia economica, insieme con lo sviluppo della comunicazione e lo sviluppo del pluralismo dell’informazione, quarto potere di ogni stato, che supera le teorie Montesquieuiane del concetto di democrazia. Sono trasformazioni necessarie, sfide future che non possono essere ignorate in un mondo globalizzato, trasformato e diverso rispetto a 70 anni fa nel suo quadro geo-politico totalmente riformato e rivoluzionato.
Solo una cosa accomuna l’Unione di oggi con quella del 1950, e noi sopravvissuti di questa transizione, possiamo gridarlo al mondo: ” la necessità di far emergere l’interesse comune europeo che sia in grado di modificare gli egoismi statali e la logica che li ha sorretti negli ultimi 20 anni dopo la nascita della moneta unica verso la direzione di una Unione europea che abbia l’obiettivo di trarre dei vantaggi comuni per tutto il continente e non solo diretta a realizzare vantaggi per i singoli stati membri, in una visione europea dell’etica della crescita contrapposta alla visione europeista consociativa che ha retto l’unione sino ad oggi”.
Per questa ragione occorre una unione federale degli Stati Uniti d’Europa, poiché è giunto il momento di voltare pagina verso un “patto rifondativo” che sappia dare risposta alla crisi pandemica di dimensione planetaria. E’ tempo di una nuova rinascita per l’Europa. È tempo di respirare l’aria di Ventotene e dei suoi ideali che la ispirarono. E’ tempo di rispolverare le idee di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni per restituire dignità politica ad una entità moribonda, ferita profondamente dal coronavirus.