Separati in casa, tra schermaglie e strappi. Il centrodestra non c’è più e le prossime elezioni amministrative lo certificano. Si parla da un mese di un vertice Meloni-Salvini-Berlusconi per eventuali accordi in extremis, ma fino ad ora nulla di fatto, tanto da ispirare una battuta e una proposta al federale “patriota” Ignazio La Russa, responsabile delle candidature dei meloniani. “Tutti mi dicono che sono pronti a incontrarsi ma nessuno mi dice quando… – dice La Russa a Repubblica -. Ci si può vedere anche via chat…”. Proposta bocciata, al Kapitano Salvini i collegamenti sulle piattaforme online non piacciono. “Io sono a disposizione da giorni, chiedo però un incontro in presenza – replica -, perché degli Zoom e delle cose a distanza dove cade la linea e non si sente ne ho le scatole piene”.
Sono tutti a disposizione ma nessuno fa il primo passo. E si contano più le ripicche per mancati inviti ad eventi che segnali di apertura. La scorsa settimana Salvini ha lamentato di non essere stato invitato alla convention milanese di Fratelli d’Italia, ma ora sono i meloniani a sostenere di non aver ricevuto l’invito all’iniziativa della Lega a Roma con la presenza in collegamento anche di Rudolph Giuliani. Entrambe iniziative di partito “ma noi abbiamo invitato ad assistere esponenti di tutti i partiti” dicono dal Carroccio. Ma da FDI negano che sia arrivato l’invito.
Scaramucce e dispettucci, la ex gioiosa macchina da guerra del centrodestra è ridotta a questo. E le elezioni amministrative imminenti peggiorano il quadro: la ex triplice alleanza FI-FDI-Lega è spaccata da nord a sud, con il caso Sicilia ormai deflagrato. A Palermo faticosamente si è raggiunto l’accordo per sostenere il candidato sindaco Roberto Lagalla, ex rettore e sostenuto anche dalla Buona Destra. Ma per ma ricandidatura alla Regione del fratello d’Italia Nello Musumeci, governatore uscente, resta ferma l’opposizione di Forza Italia a Lega. Una spaccatura esacerbata dalle dichiarazioni del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, che ha definito Musumeci “un fascista catanese” contro cui “vincerebbe anche un gatto”. Il governatore ha definito “stupefacente l’uscita di Miccichè”, affermando poi però di non aver ricevuto il messaggio di scuse che l’altro sostiene di avergli inviato. La Regione k lo sto non è l’unico terreno di scontro: a Messina FI e FDI distengono il candidato sindaco Maurizio Croce, con un passato nella giunta dell’ex governatore dem (area ex comunista) Rosario Crocetta; il carroccio invece punta sul candidato Federico Basile.
Ma la frattura è evidente ovunque: a Catanzaro FI e Lega portano il docente universitario ex Pd Valerio Donato, mentre il candidato di FDI Rino Colace si è ritirato “per motivi personali”; a Viterbo l’ex sindaco forzista sfiduciato Giovanni Maria Arena ha spaccato il suo partito presentandosi con una lista a sostegno della candidata PD Alessandra Troncarelli, mentre quel che resta di FI sosterrà il leghista Claudio Ubertini contro la candidata di FDI Laura Allegrini che correrà in solitaria; a Parma FDI non sosterrà l’azzurro Pietro Vignali, al contrario di Verona dove i forzisti non appoggeranno il sindaco uscente di FdI Federico Sboarina, sostenendo probabilmente Flavio Tosi.
Lo stato semi vegetativo del centrodestra morente potrebbe subire un ulteriore colpo oggi alla Camera, dove la proposta di FDI sul presidenzialismo passerà in aula. In commissione quella che tempo fa era stata una proposta congiunta non è passata per le assenze di FI e Lega. “Vediamo chi avrà il coraggio di sostenerla – sfida Giorgia Meloni – Non ci sonopiù scuse”. Ma la sensazione è che gli ex alleati si comporteranno come in commissione: il centrodestra è in mille pezzi. Ed era ora che questa rottura divenisse palese.