Il nostro Paese è sempre
stato lacerato, e profondamente, purtroppo, dalle più varie contrapposizioni,
sia tra gli individui singolarmente dati che tra i relativi gruppi di
appartenenza.
Fascismo ed antifascismo. La
guerra civile che contribuì a far cadere il primo portando alla caduta dalla monarchia
ed alla nascita della Repubblica. La democrazia, il pentapartito e tutto ciò
che ne conseguì. La seconda Repubblica. Centro-destra contro Centro-sinistra.
Berlusconiani da una parte ed anti-Cavaliere dall’altra. Europeisti contro
nazionalisti; conservatori contro riformisti; amanti della bellezza contro i
latori dei messaggi grevi. Quante divisioni. Quante battaglie. Alcune drammaticamente
autentiche. Altre soltanto delle indegne menzogne.
La contrapposizione è sempre
stata l’essenza del movimento dialettico del “pensiero”. Di qualsivoglia
pensiero. Ci sarebbe sempre da chiedersi, però, fino a che punto quel movimento
possa giustificare sia una distanza così profonda tra gli uomini che lo stesso,
perenne stato confusionale dell’intera società.
Azioni politiche come quelle
di Salvini non sono la causa delle attuali fratture interne al tessuto sociale:
ne sono la conseguenza. E, allora, in cosa si è sbagliato? Dov’è che la nostra
civiltà si è persa? Dov’è che si è smarrito il senso della misura e finanche
del “laico pudore”?
Una storia in generale e la
vita di un Paese in particolare non potranno mai essere soltanto
conservatorismo o modernismo perché non sarà mai possibile progredire senza conservare
i dati di partenza, e non sarà mai possibile conservare le origini senza avere
la rivoluzionaria capacità di saperle ripensare alla “luce” dell’evoluzione
“della specie”.
Per anni, soprattutto a
destra, si è continuato a ragionare sempre e soltanto sulla scorta delle solite
categorie e dei soliti schemi lasciando la possibilità, alle sinistre, a tutte
le sinistre, di cavalcare una composita serie di temi che, forse, a ben vedere,
non erano così (veramente) distanti dai “figli di D’Annunzio”, ma soltanto
l’occasione, il pretesto, per sbandierare una diversità capace di orientare i
voti e, quindi, il consenso in una direzione anziché in un’altra.
Non ho idea che senso abbiano
azioni e visioni politiche caratterizzate dall’essere solo “contro qualcosa”. E
non penso che sia una gran cosa organizzarsi soltanto per essere “contro
qualcuno”. Lo stare insieme, il percorrere un sentiero comune, hanno ed avranno
senso soltanto se saranno – e sono! – a favore di qualcosa, a favore dei
valori, delle idee, e non per l’odio o per l’antipatia che si nutre verso
Tizio, Caio o Sempronio.
Che ci siano tantissime
persone disposte a scendere nelle piazze d’Italia per protestare contro una
sorta di pseudo-ducetto in erba farà sicuramente bene al dibattito pubblico e alla
stessa riflessione partitica. Ma l’unirsi intorno ad un “contro” non basterà
mai. Mai! Perché l’oggi non si gestisce senza idee e il domani non sarà mai
possibile senza una visione.
C’è da augurarsi che si esca
tutti, presto, dalla confusione e dalla “bulimia” di pensiero, di ragionamento
e di visone che attanaglia la vita di questo arrangiatissimo e “arrabbiatissimo”
Paese. Che una fervente, appassionata e democraticamente incendiaria élite
sappia emergere dalla palude della rassegnazione per disegnare un grande futuro,
sia per gli individui che per la stessa collettività.
Un futuro di prosperità e di libertà nel quale le differenze tra gli uomini non siano frutto di tutto ciò che, a cagione della indegna propaganda di nicchia, assurdamente li divide, ma merito oggettivo della loro azione o della loro inazione. Del loro essere protagonisti o meno rispetto all’intero progresso del Paese. È tempo di eroismo e di eroi, insomma, e quelli sanno andare soltanto incontro a “qualcosa”…