Lo ha scoperto da Twitter di essere rimasto solo al mondo, di aver perso la moglie e i suoi due figli, uccisi dai colpi di mortaio dei russi che hanno invaso l’Ucraina, il suo paese.
Serhiy Perebyinis ha 43 anni e aspettava la telefonata di Tatiana, sua moglie, che gli avrebbe dovuto annunciare che lei e i loro due figli, Alisa di 9 anni e Mykyta di 18, erano riusciti a mettersi in salvo attraversando il ponte di Irpin. E invece la vita della sua famiglia è stata spezzata dai colpi dei russi che sparano senza pietà sui civili. Serhiy in quel momento si trovava vicino Donetsk, dove si era recato pwr assistere l’anziana madre malata di Covid. Si è collegato a Twitter e lì ha visto la foto della moglie e dei suoi due figli stesi a terra accanto al ponte. Ammazzati dai russi.
La foto di quei corpi a terra martoriati, con un giovane volontario che cercava disperatamente di aiutarli, è diventata il simbolo dei civili ucraini bersaglio mobile delle truppe russe. E della disperazione di Serhiy. “Non ero con loro perché ero andato alla nostra casa natale nella provincia sotto controllo russo di Donetsk per assistere mia mamma anziana malata di Covid – racconta a Repubblica -. Ero partito il 16 febbraio, otto giorni prima dell’inizio dell’attacco voluto da Putin e non riuscivo a tornare a Kiev per la guerra. Ho potuto farlo solo dopo che tutti i miei cari sono stati uccisi. Quando i soldati russi l’altro ieri hanno cercato di fermarmi all’uscita da Donetsk ho detto loro che potevano fare di me ciò che volevano, tanto mi hanno già preso tutto. Mi hanno lasciato passare”.
“Nelle ore precedenti la loro morte, avevo continuamente parlato per telefono con Tatiana e i bambini – ricorda ancora, disperato -. Mi avevano spiegato che non riuscivano ad uscire dalla cantina dove si erano rifugiati. La nostra casa era stata colpita e loro provavano a fuggire con i profughi passando per il ponte distrutto. Sotto uno scialle nella gabbietta avevano nascosto i gioielli di famiglia e alcune cose di valore. Li ho ritrovati tutti. Ma i bagagli erano stati aperti e saccheggiati. Sono stato io a dire a mia moglie che doveva andare via, scappare appena possibile. Mio figlio non riusciva più a dormire. Ho detto a Tatiana che ero disperato di non poterli aiutare, avrei dovuto essere con loro e proteggerli. Lei mi ha risposto di stare tranquillo e che sarebbero riusciti ad uscire la mattina dopo”. E invece sono morti sull’asfalto, altre vittime innocenti di una guerra fratricida senza senso.
“Avevamo l’intenzione di scappare all’estero tutti assieme – conclude -. Ma adesso io sono solo e resto nel mio Paese, devo aiutare mia madre che nel frattempo è guarita e qui ho tanti amici. Che farei all’estero da solo? Qui rimangono tutte le mie memorie”.