Consegnare i porti italiani alla Cina significa perdere la sovranità territoriale europea. L’interessamento cinese per il porto di Taranto, per fare un esempio, rappresenta solo un pezzo di una strategia più ampia di controllo dei porti, delle rotte commerciali e di importanti siti produttivi africani ed europei, mirata ad estendere e rafforzare il controllo orientale sull’economia mondiale.
Il ruolo sempre più debole del’Europa sullo scacchiere internazionale pesa. E tanto. L’abbandono sempre piu’ evidente del ruolo di potenza mondiale degli Stati Uniti, poi, soprattutto nell’area del Mediterraneo, al pari dell’indecisione europea caratterizzata da inutili battibecchi tra i suoi Stati più influenti, ha creato le condizioni ottimali per l’espansione della Cina. Non solo. Questa progressiva ritirata occidentale ha determinato anche un ruolo chiave per la Turchia, che si propone sempre di più come referente del gigante asiatico nell’area. Un ponte verso occidente, insomma.
Taranto, poi, è una base chiave della marina militare italiana: fare diventare il porto un centro controllato dalla Cina mette a rischio gli interessi nazionali anche da quel punto di vista. E poi il porto pugliese è un hub essenziale per lo sviluppo di una rete portuale euro-mediterranea che già oggi movimenta più del 30% del traffico merci mondiale, rischia dunque di diventare – assieme al Pireo e ai numerosi porti continentali dove la partecipazione di compagnie cinesi è sempre più ingombrante – il cavallo di Troia cinese in Europa. E per l’economia del vecchio continente non si tratta di una buona notizia.
Perché il rischio che si corre è quello di perdere la partita e consegnare la nostra economia continentale al controllo di Pechino. La sovranità europea passa per la sovranità portuale, infrastrutturale, delle comunicazioni e delle produzioni chiave. Tra cui quella dell’acciaio.