di Bruna Lamonica
Per il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la disabilità intellettiva rappresenta il deficit di funzionamento sia intellettivo che adattivo negli ambiti sociali. E’ molto difficile diagnosticare una disabilità intellettiva, perché le persone che ne soffrono sono spesso diverse tra loro e anche perché un ruolo fondamentale viene svolto dall’ambiente in cui le stesse vivono.
La disabilità intellettiva è purtroppo una condizione di salute irreversibile, che trova le sue origini in cause di natura genetica (fattori etiologici) o non genetica (fattori acquisiti). Le prime sono costituite da anomalie di un singolo gene, oppure da da anomalie strutturali di cromosomi, mentre le seconde possono originarsi in qualsiasi momento della vita che va dal concepimento, alla nascita prematura, fino al sopravvento di patologie dopo il parto.
La disabilità intellettiva si associa frequentemente con malattie psichiatriche. Ogni patologia psichiatrica si sovrappone al ritardo mentale che è il fattore più importante per generare vulnerabilità mentale.
Gli individui con disabilità mentale, dimostrano punti di forza e punti deboli nelle abilità cognitive specifiche e, a meno non vi siano effetti di disabilità estremi, le abilità coinvolgono tutto il sistema cognitivo.
La riabilitazione cognitiva riveste un’importanza fondamentale nel favorire il rafforzamento delle predette abilità. Tra gli obiettivi primari, lo sviluppo delle capacità di attenzione, di linguaggio, della percezione del significato del tempo e dell’apprendimento della lettura, scrittura e calcolo. Indispensabili divengono le abilità che favoriscono l’autonomia e l’integrazione sociale del soggetto affetto da disabilità intellettiva. A tal fine, si abbina alla riabilitazione cognitiva, la terapia cognitivo-comportamentale che insegna l’adattamento nei confronti della società, che l’individuo ritiene pericolosa, generando azione di aggressività, impulsività e autolesionismo.
Quindi, mentre in passato si aveva un approccio custodialistico verso la disabilità, si sta affermando sempre più quello basato sulla qualità della vita della persona. Il cammino verso l’inclusione nella società ha subito una specifica accelerazione, attraverso una forte rete di sostegno composta da familiari e da servizi di riferimento.
Il quadro normativo offre gli strumenti che dovrebbero essere utili per fornire gli elementi necessari e per superare gli ostacoli, rendendo il livello di vita dei disabili mentali, il più alto possibile.
La Convenzione ONU adottata dall’Assemblea dell’Onu il 13.12.2006 ed entrata in vigore il 3.5.2008, sui diritti delle persone con disabilità intellettiva ne stabilisce, con carattere giuridicamente vincolante, i requisiti base.
Rappresenta un traguardo che traccia una linea di demarcazione, in quanto prima di essa, non esisteva uno strumento internazionale che vincolasse gli Stati. Promuove il rispetto per la dignità delle persone intellettivamente disabili, perché abbatte le barriere che impediscono la piena ed effettiva partecipazione nella società, su una base di uguaglianza.
L’Italia ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite, istituendo un apposito Osservatorio nazionale, sulla condizione delle persone con disabilità.
Da trentacinque anni i disabili intellettivi sono stati integrati nelle classi “normali” della scuola, per tentare un’analisi di inclusione ed eliminando le classi differenziate, perché altamente discriminatorie.
Tuttavia sfuggono a tale analisi molti fenomeni critici, che possono emergere solo attraverso una riflessione che parta dall’interno della scuola.
Fra questi, in particolare: la mancanza di esperti, che sostituiscano gli insegnanti di sostegno generalisti; la mancanza da parte degli insegnanti di una formazione nell’ambito della pedagogia speciale, che consentirebbe loro di diventare corresponsabili della realizzazione del progetto educativo individualizzato. Senza di ciò, la scuola rischia di diventare il miglior parcheggio per le famiglia e quando i disabili saranno usciti dal sistema di istruzione, difficilmente avranno un reale ed efficace inserimento sociale, e continueranno ad essere ad esclusivo carico delle famiglie.
Occorre, ancora, promuovere l’educazione della cultura del rispetto, insegnare al resto degli alunni “sani” che l’intelligenza adattiva del disabile, necessita di una completa apertura ed accoglienza da parte del resto della classe, mettendo definitivamente la parola fine ad ogni forma di violenza, bullismo e discriminazione.
Inoltre, tutti i cittadini che si sentono attivisti dei diritti delle persone con disabilità possono prodigarsi, affinché venga promossa la predetta educazione alla cura del rispetto, che si esplica mediante un linguaggio ed una rappresentazione equa, in modo da combattere gli stigma e da offrire, alle persone affette da disabilità, nuove opportunità nel quotidiano.
Il Cinema si è speso spesso a favore dei diritti dei disabili, portando in programmazione films famosi come “The elephant man”, “Forrest Gump”, “Rain man” ecc. i quali mettono in evidenza gli stereotipi delle disabilità mentali, elogiandone le peculiarità, affinché venga portato a conoscenza del grande pubblico che l’equazione disabilità=inferiorità è l’espressione di un pensiero aberrante, razzista e sempre più obsoleto.