Innovazione digitale, Agenda digitale, Fondo per l’innovazione. Tutte belle parole, ma nei fatti l’Italia per le licenze d’uso delle frequenze è ancora in alto mare. Nel nostro Paese il digital divide è per molti aspetti una barriera ancora insormontabile, che non si risolve con i vari bonus per l’acquisto di pc e dispositivi telematici, ma con il potenziamento delle reti.
Molte aree del Paese, specie quelle interne, vivevano questa difficoltà da molto prima del Covid-19. Ma oggi, con la maggiore richiesta di wi-fi per lavorare in smart working e per la didattica a distanza, la questione sta trasformandosi in una vera e propria emergenza. Il problema è particolarmente serio in Campania, nelle zone del Sannio e dell’Irpinia, come spiega l’imprenditrice Antonella Oliviero, componente del consiglio direttivo di Assoprovider. “Lo scenario Covid imporrebbe una azione di potenziamento delle reti per tutto quanto attiene l’aspetto comunicazione e sicurezza, e invece il Governo non intervenendo mette sostanzialmente in crisi il sistema – dice -. A tal proposito, penso di poter denunciare in rappresentanza dei wisp presenti nel Sannio ed in Irpina un grave stato di disagio che ci ha portati ad inviare una lettera aperta al ministro Patuanelli affinché si adoperi per modificare la normativa in tema di frequenze licenziate. Tale situazione non farebbe altro che costringere alla chiusura tanti piccoli operatori del settore. Il digital divide è un problema soprattutto per le zone interne e l’attuale situazione imporrebbe scelte fondate sulla collaborazione e non penalizzanti” .
Una situazione molto seria, tanto che Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider, ha scritto al ministro Patuanelli per segnalare la necessità di contributi ministeriali per le licenze d’uso delle frequenze. “Centinaia di imprenditori italiani da anni stanno erogando l’accesso ad internet a milioni di cittadini in special modo a quelli collocati nelle zone più disagiate del Paese – spiega -. Il crescere in queste ultime settimane della misure che riportano i cittadini a dover far uso quotidiano e continuativo delle attività a distanza, stanno facendo crescere le necessità di connessioni ad alta velocità e poiché da tempo segnaliamo al Mise ed all’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom), come una azione del suo ministero potrebbe consentire una diretta ed immediata crescita delle prestazioni delle connettività Fixed Wireless Access erogata a milioni di cittadini serviti dalle nostre imprese”.
“La prego di verificare con urgenza se, mediante l’uso di ponti radio che facciano uso delle frequenze licenziate, sia possibile un rapido e significativo incremento della banda disponibile sulle dorsali dei provider internet (da un raddoppio fino ad una decuplicazione), che si tradurrebbe automaticamente in un notevole miglioramento della banda erogata agli utenti finali in termini di capacità complessiva e qualità, similare alla fibra ottica – spiega Bortolotto -. Le frequenze licenziate punto-punto non rappresentino una risorsa scarsa, visto che in Italia il loro attuale utilizzo è inferiore al 2% della disponibilità totale, e l’attuale importo dei contributi amministrativi rende economicamente proibitivo usare le frequenze licenziate punto-punto per realizzare dorsali con cui servire zone con poche decine/centinaia di utenti. Peraltro, i contributi amministrativi italiani risultano i più alti dell’Europa e sono fino a 10 volte maggiori di quelli richiesti da altri paesi europei”.
“L’utilizzo delle frequenze licenziate punto-punto è regolato in termini economici da quanto disposto dall’allegato 10 art.5 del vigente Codice delle Comunicazioni ed in virtù di quanto disposto dall’art 220 del medesimo codice comunicazioni lei Ministro, di concerto con il Ministro dell’Economia, lo può modificare in qualsiasi momento con un semplice decreto ministeriale immediatamente operativo – chiede Assoprovider -. Da anni tutte le forze politiche in Parlamento propongono la riduzione degli importi dei contributi amministrativi delle frequenze licenziate punto-punto, ottenendo sempre un diniego dai Ministeri competenti, con la motivazione che questa riduzione porterebbe ad una riduzione del gettito derivante dai contributi amministrativi. Le chiediamo. Ministro, come sia possibile che la piena ed immediata integrazione digitale di cittadini in zone disagiate sia ostaggio dei pochi milioni di euro del gettito dei contributi amministrativi imposti sulle frequenze licenziate, mentre contemporaneamente ci possiamo permettere aiuti pubblici sui voucher per miliardi di euro”.
L’associazione dei provider italiani, che domani dovrebbe incontrare Patuanelli in una riunione, ha chiesto chiaramente che questo bene, in massima parte inutilizzato, sia reso pubblico per diventare uno strumento di reale contrasto al digitale divide, ponendo così fine allo stesso tempo alla enorme distorsione alla concorrenza tra grandi operatori nazionali e piccoli operatori locali, rappresentata dal meccanismo di sconto quantità il quale consente una differenza del 400% tra il contributo amministrativo pagato da un piccolo utilizzatore e quello pagato da un grande utilizzatore dello stesso identico bene pubblico.
“Chiediamo al ministero di non attendere oltre e di applicare lo sconto quantità del 75% a tutti gli operatori con meno di 50mila utenti – conclude Bortolotto -. Con questa formula i piccoli operatori incrementeranno immediatamente l’utilizzo delle frequenze licenziate punto-punto, con conseguente incremento anche del gettito che andrà a mitigare, se non forse addirittura ad annullare, l’eventuale diminuzione del gettito determinato dall’applicazione dello sconto del 75% ai soggetti con meno di 50.000 utenti, mentre il gettito di tutti gli altri soggetti resterà invariato”.