Le recenti elezioni politiche in Slovacchia hanno sollevato preoccupazioni significative non solo per il suo futuro politico ma anche per la stabilità e l’unità del fronte europeo pro Ucraina. Questa tendenza sembra avere radici nell’epicentro dell’infiltrazione russa nell’UE, nei cosiddetti Stati del blocco di Visegrad. C’è il timore che questo fenomeno possa rapidamente diffondersi verso ovest, coinvolgendo paesi come l’Italia, storicamente complessa nelle relazioni con il presidente russo Vladimir Putin.
Sebbene la Slovacchia possa sembrare un paese relativamente piccolo e economicamente meno potente rispetto ad alcuni dei principali membri dell’UE, il suo ruolo nel sostenere l’Ucraina non può essere sottovalutato. In rapporto al PIL, la Slovacchia è stata il sesto maggior donatore al mondo di forniture militari all’Ucraina. In termini assoluti, supera nazioni più grandi come Francia, Italia e Spagna. Questo impegno ha sottolineato l’importanza di un fronte unito europeo nel supportare l’Ucraina.
L’elezione di Fico in Slovacchia, politico con tendenze filo-russe solleva una serie di preoccupazioni. La possibile creazione di piccole enclave pro-russe all’interno dei confini dell’UE e della NATO, simili alla Transnistria, potrebbe minare l’integrità e la sicurezza del continente europeo. Sebbene attualmente questa tendenza possa riguardare Ungheria e Slovacchia, potrebbe facilmente diffondersi ad altri paesi del vecchio continente.
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L’Italia sembra al momento al di fuori di questa dinamica, grazie all’allineamento del governo Meloni alla posizione ufficiale degli alleati occidentali. Tuttavia, c’è il timore che questo allineamento possa mutare rapidamente in una politica di appeasement nei confronti della Russia, specialmente considerando il passato supporto di alcune fazioni politiche italiane a Vladimir Putin. La destra italiana sembra attualmente legata a considerazioni economiche e strategiche più che a una profonda riflessione critica sulla politica di Putin.
La situazione a sinistra è se possibile ancora più complessa. Se il Partito Democratico di Letta aveva sostenuto la linea di Mario Draghi, il Pd di Schlein sembra essere maggiormente influenzato dalla retorica pacifista interna ed esterna. Ciò lo rende vulnerabile alle posizioni del Movimento Cinque Stelle, che ha chiesto uno stop alle forniture militari all’Ucraina dopo la vittoria di Fico a Bratislava. L’attivismo anti-bellicista di alcune figure di spicco del panorama politico italiano, come Fratoianni, Bonelli, Travaglio, Santoro, Montanari e Pagliarulo, da cui il Pd, secondo la logica malata del “nessun nemico a sinistra”, non riesce ad allontanarsi non aiuta.
È forse l’ora che la sinistra nostrana capisca che non c’è differenza tra populismo di destra e sinistra, uniti da una retorica che mescola nazionalismo e retorica sociale. Questa tendenza porta alla percezione della guerra in Ucraina come una colpa dell’Occidente liberale. È importante notare che se in Europa molte future elezioni si giocheranno sulla questione ucraina, le sorti dell’Ucraina dipenderanno in gran parte dagli Stati Uniti, dove se una parte del Partito Repubblicano sta spingendo per un disimpegno politico-militare in nome dell’America first, Bernie Sanders, idolo della sinistra più radicale, continua a chiedere maggiore sostegno all’Ucraina. La domanda da porre a Schlein sorge spontanea: meglio Sanders o Conte? Il Pd ne scelga uno.