L’ennesima giravolta di Giuseppe Conte che, se solo tre settimane fa si era detto “orgoglioso di aver mandato armi all’Ucraina”, adesso è pronto ad alzare la voce scomodando addirittura San Francesco d’Assisi e il suo esempio pacifista, scelto tredici anni fa da Beppe Grillo per festeggiare la fondazione del Movimento 5 Stelle. Caso vuole, che proprio oggi, giorno della ricorrenza del patrono d’Italia, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini si recherà in audizione al Copasir per illustrare – secondo quanto filtra da fonti di governo – i dettagli dell’ultimo decreto per l’invio di nuovi aiuti militari in Ucraina. Decreto che, con ogni probabilità, verrà firmato entro la fine di questa settimana da palazzo Chigi.
La coincidenza mette in fibrillazione Conte, che riunisce i suoi fedelissimi a Campo Marzio, sede del partito, per preparare la controffensiva nel giorno dell’anniversario pentastellato. Il leader è deciso a sollevare una nuova polemica contro il quinto decreto armi del governo Draghi (il primo ottenne il via libera nel marzo scorso). Vuole contrapporre «l’esempio pacifista» del santo di Assisi a quello di un governo che, a suo dire, non si sarebbe speso a sufficienza per riaprire la via del dialogo e della diplomazia, «l’unica in grado di condurre a una soluzione pacifica del conflitto», come ripete da settimane.
Conte oggi tornerà dunque ad alzare la sua voce contraria all’invio di armi a Kiev, perché convinto che il contributo italiano, a differenza di quello americano e inglese, non sia decisivo per i progressi fatti dall’esercito ucraino, che continua a riconquistare territori occupati illegittimamente dalle forze di invasione russe. Per questo, l’ex premier spinge perché sulla necessità di inviare ulteriori aiuti militari il governo torni a confrontarsi con il Parlamento e si sottoponga a un voto dell’Aula. Il governo è però stato autorizzato proprio da Camera e Senato, nella scorsa primavera ricorda Federico Capurso su La Stampa – a inviare armi in Ucraina senza dover necessariamente passare da un voto per ogni nuovo decreto, almeno fino alla fine di quest’anno.