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Caro Toti, tutti al centro non serve: bisogna costruire qualcosa di serio a destra

E adesso che Di Maio sta raccogliendo le firme per la costituzione di gruppo autonomo alla Camera e che quindi certifica il suo addio al Movimento Cinque Stelle che lo ha lanciato nell’agone politico facendo dell’ex “bibitaro” addirittura un ministro (per due volte), c’è chi guarda con interesse a questa nuova vita del titolare della Farnesina. Interesse da declinare in chiave di cooptazione liberal-riformista. Si tratta di Giovanni Toti, leader di Cambiamo e governatore della Regione Liguria, per il quale una grande convergenza al centro che abbia come orizzonte politico l’Agenda Draghi non potrebbe escludere Di Maio, che ne condivide appieno il perimetro politico. Quindi, insomma, le sirene “centriste” dopo aver catturato Renzi e Calenda e dopo aver cantato – per bocca di Paolo Damilano – la soave nenia riformista anche ai moderati leghisti, tentano di accalappiare pure Giggino Di Maio.

Personaggi in cerca d’autore direbbe Pirandello, ma è indubbio che dopo la fine della Seconda repubblica e nell’attesa del parto della Terza, la gestazione si sta rivelando piena di colpi di scena. Il disagio all’interno di molti partiti sta effettivamente evidenziando una tentazione neo-centrista a trazione liberal-riformista, che cattura – almeno teoricamente – tanto a destra quanto a sinistra, ma, al di là del gossip estivo, un serio progetto in tal senso è ancora di là da venire.

Il perché, lo spiega bene Giuliano Ferrara sul Foglio. Tutte queste formazioni liberali (più o meno sedicenti tali) sono spesso caratterizzate da un ego ipertrofico del leader e, messe una accanto all’altra, tendono alla rissa invece che all’aggregazione. Comporre un simile puzzle e trasformarlo in un progetto politico vincente non è cosa da poco e forse la convergenza sull’Agenda Draghi potrebbe non esser sufficiente. Insomma, va bene Super Mario, ma tutto c’è un limite… forse, chissà. In politica mai dire ma!

Di tutto ciò è consapevole lo stesso Toti, il quale parla della necessità di individuare con certezza il baricentro astrattamente programmatico di questa formazione. Dal libero mercato, al buon governo, al chiaro posizionamento internazionale ecc. Premesse confuse di un progetto che tuttavia potrebbe avere un suo senso almeno teoricamente. Solo che poi c’è la realtà. E in questa realtà, per quanto mutevole e cangiante, par proprio che abbia ragione Giuliano Ferrara. Tanti piccoli soggetti in competizione tra loro, con ricomposizioni variabili e della durata di una notte. I protagonisti si scambiano posizione, diventano intercambiabili e in questo cosiddetto centro non si capisce più chi va con chi, e soprattutto perché.

Ad esempio Renzi e Calenda con + Europa, dopo aver flirtato qualche tempo fa con Cambiamo e con Coraggio Italia, sembra stiano lavorando a un progetto a trazione di riformista di sinistra con leader Giuseppe Sala. Si convincerebbero di una tale opzione i Toti, i Damilano, Brugnaro ecc? Francamente c’è motivo di dubitare. È proprio su questo terreno si manifesta il punto dolens dell’analisi del moderati di centrodestra. Quel che manca in essa, è appunto la contrapposizione – sempre sul piano teorico – di una controspinta a destra che “riequlibri” il sedicente centro e non lo faccia diventare una costola dell’attuale centrosinistra. Insomma, un nuovo centrosinistra, nato per partenogenesi dal vecchio centrosinistra, proprio no!

Ebbene, per evitare questa deriva, occorre che a destra di questo centro ci sia qualcosa. E invece non è nulla! Possibile, cioè che la destra Italiana debba rimanere confinata nel duo Salvini-Meloni (fra un po’ forse solo Meloni)? Toti sembra proprio sottovalutare questo aspetto e sbaglia. Perché rischia di trovarsi a rincorrere la sinistra (per così dire) anche sul terreno della nuova costituenda geometria politica.

In altre parole, prima di pensare alla federazione di liste o forze politiche che si riconoscano in Draghi, e prima ancora addirittura di pensare a possibili punti contenutistici o, in senso lato, programmatici, sarebbe forse il caso di immaginare qualcosa a destra di quel centro. Sarebbe cioè necessario aggregare sensibilità liberaldemocratiche che non si riconoscono nel sovranismo urlato di Salvini e nel nazionalismo esasperato della Meloni, ma che non vogliono nemmeno essere integralmente assorbiti in una formazione di centrosinistra. Esiste tutta un’area politica che, prima ancora che di alleanze o federazioni, avrebbe bisogno di rappresentanza. Ma di destra!

Ecco caro Toti, il tema non è aggregare tutti i moderati in modo tendenzialmente anarchico e scriteriato. Il vero tema è costruire qualcosa di destra che non sia di matrice estremista, che possa essere protagonista non subalterna di un’alleanza elettorale e che abbia come punto fermo l’Agenda Draghi e la riconferma dell’attuale premier anche dopo il 2023.