L’Italia fornirà armi all’Ucraina “come ci ha chiesto il presidente Zelensky, una decisione che ha ricevuto un ampio sostegno nel nostro Parlamento. Sosteniamo l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea”, non usa giri di parole Mario Draghi, incontrando a Capitol Hill la speaker Nancy Pelosi e i leader del Congresso americano. Il presidente del Consiglio ricorda l’impegno italiano per l’Ucraina, prestiti economici, assistenza a oltre 110mila profughi e donazioni per scopi umanitari.
“La guerra ha cambiato fisionomia, inizialmente era una guerra in cui si pensava ci fosse un Golia e un Davide, essenzialmente di difesa disperata che sembrava anche non riuscire, oggi il panorama è cambiato, si è completamente capovolto, certamente non c’è più un Golia, certamente quella che sembrava una potenza invincibile sul campo e con armi convenzionale si è dimostrata non invincibile”, aveva detto Draghi nel pomeriggio a Washington parlando con i giornalisti. Le armi convenzionali, dunque, questo serve a Kiev per fermare i russi e poter gettare le basi di una trattativa.
Il nostro Paese non si tira indietro, dunque manderemo altri equipaggiamenti, droni, i blindati Lince: il terzo decreto parlamentare è pronto, scrive l’HuffPost, arriverà a breve e non dovrà passare dal parlamento. Insomma, il leader di 5 Stelle Conte e Matteo Salvini per la Lega possono anche sfruttare il ‘pacifismo elettorale’, tirare Draghi per la giacca, parlare di armi difensive, ma il Governo sull’invio delle armi alla Ucraina va avanti.
Per il ministro della Difesa Lorenzo Guerini “il Parlamento è stato molto chiaro: l’invio di armi è finalizzato a consentire all’Ucraina di difendersi e di difendere la sua popolazione dall’aggressione russa”. Le armi italiane non serviranno a “innalzare” il potenziale bellico di Kiev, ma solo alla “prosecuzione del nostro impegno”. Impegno confermato anche per il contingente di militari italiani che mandremo in Ungheria e Bulgaria nel quadro delle operazioni Nato.
5 Stelle e Lega alzeranno paletti, continueranno a strepitare e a strumentalizzare guerra e pace per ragioni elettorali ma Draghi non molla, si muove nell’ambito europeo e delle relazioni transatlantiche, forte di un voto parlamentare che ora altri vorrebbero rimangiarsi. L’Italia non volterà le spalle a Kiev.