In cima alla lista dei politici italiani messi al bando dal governo ucraino figura anche lui, Silvio Berlusconi, che finora ha velato con un silenzio assordante l’amicizia ventennale con Vladimir Putin. Un “Daspo” per il Cavaliere dopo la contestata visita in Crimea nel settembre del 2015, nella quale attaccò la Ue per le sanzioni contro Mosca. Un soggiorno che pochi rammentano.
Allora l’Ucraina vietò l’ingresso nel Paese a Berlusconi per tre anni. La messa a bando venne sancita per “proteggere gli interessi della sicurezza nazionale”. L’ambasciatore ucraino a Roma, Evhen Perelygin, scrisse al leader azzurro, definendo la sua visita una “provocazione che rappresenta una sfida diretta all’integrità territoriale dell’Ucraina e ignora completamente la posizione consolidata dell’Unione europea e dell’Onu riguardo al non riconoscimento dell’occupazione di Crimea da parte della Federazione russa”.
Pochi ricordano quel viaggio del Cavaliere in Crimea: visitò il cimitero di guerra di Sebastopoli dedicato ai caduti della guerra del 1853-56, poi un breve un tour dei vini, infine un bagno di folla a Yalta, un chiaro regalo dell’amico Putin, felice di vederlo. Di risposta l’Ucraina comminò a Berlusconi un Daspo della durata di tre anni. Stesso provvedimento toccato ai protagonisti di un viaggio a Yalta, nell’ottobre del 2016, per partecipare ad un forum economico con imprenditori e politici. Una manifestazione seguita all’approvazione, da parte dei consigli regionali lombardo e veneto di due risoluzioni “per riconoscere quanto espresso dal popolo della Crimea attraverso il referendum di indipendenza”. Vale a dire l’annessione alla Russia contestata dai maggiori organismi internazionali. In testa alla lista dunque Silvio Berlusconi, ma ci sarebbero anche vari leghisti: i parlamentari Edoardo Rixi, Manuel Vescovi, Jari Colla, il capogruppo del Carroccio nel consiglio veneto Roberto Ciambetti. Tutti oggetto di una sorta di “Daspo”.
E Salvini, il primo ad essere andato in Crimea nel 2014? Non si sa nulla di un “Daspo”. Si è a conoscenza però di una protesta formale delle autorità ucraine per alcune dichiarazioni del segretario della Lega risalenti al luglio del 2018. Quando era già ministro degli Interni, Salvini disse al «Washington Post» di sostenere la politica estera di Putin: lo stesso spiegò che l’annessione della Crimea nel 2014 era stata “legittima” e decretata da un “regolare referendum”.