In un’intervista al quotidiano francese “La Provence” Christine Lagarde bacchetta le imprese. La numero uno della Bce ha dichiarato che i funzionari dell’istituto bancario europeo vorrebbero sapere se le imprese saranno disponibili prima o poi ad accettare una riduzione dei profitti per compensare i lavoratori “o se assisteremo a un duplice aumento dei margini e dei salari. Quest’ultimo alimenterebbe i rischi di inflazione e noi non staremo a guardare di fronte a tali rischi”. Il riferimento della dirigente della Banca Centrale Europea ovviamente è alla spirale salari-prezzi, quella risposta di continuo “aggiustamento” delle famiglie e delle imprese di fronte all’inflazione. Una condizione che gli Italiani purtroppo conoscono bene: tanti ricorderanno la scala mobile dei famigerati anni Settanta.
leggi anche: Il ritorno di Draghi: una nuova Europa per il futuro
Sulla falsariga di Lagarde si era espresso qualche tempo fa Fabio Panetta, membro del consiglio direttivo della Bce e futuro successore di Ignazio Visco alla Banca di Italia. Panetta aveva dichiarato fermo: “I lavoratori hanno capito che se qualcuno impone una tassa sulla nostra economia, questa deve essere condivisa fra capitale e lavoro”. Proprio perché come ricorda il «Wall Street Italia» il buon andamento degli utili delle imprese non può essere l’unica variabile a cui prestare attenzione. Bisogna anche garantire una distribuzione più equa della ricchezza. Dinnanzi ad una riduzione del potere di acquisto del 10%, è giusto che ci sia una qualche compensazione in termini di redistribuzione dell’onere per garantire una maggiore equità sociale.
Diciamo però anche un’altra cosa: il problema degli stipendi ha a che fare molto anche con la Bce. Nel maggio scorso Lagarde ha avviato una ricognizione sui meccanismi salariali, in modo da poter valutare possibili automatismi di adeguamento all’inflazione. Un’iniziativa importante che ha preso il via su sollecitazione dei sindacati. Purtroppo quello degli stipendi è un problema che da tempo morde l’Italia: secondo il Global Wage Report 2022-23 presentato dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del Lavoro, il nostro è il fanalino di coda nei paesi del G20. Nel 2022 gli stipendi italiani sono stati più bassi del 12% rispetto al 2008, un triste record. E non è finita qui: da noi i giovani laureati non solo fanno fatica a trovare lavoro, ma stando ai dati del 2022 la retribuzione mensile netta ad un anno dalla laurea si attesta mediamente tra i 1.332 euro e 1.366 euro. Una desolante realtà sotto gli occhi di tutti.