“Abbiamo parlato con Draghi, gli abbiamo consegnato un documento a nome del M5s, abbiamo accumulato un forte disagio politico. Noi siamo disponibili a condividere una responsabilità di governo come abbiamo fatto fino a qui in modo leale e costruttivo ma occorre un forte segno di discontinuità”. Così il leader del M5s Giuseppe Conte uscendo da Palazzo Chigi intorno alle 13.20 di oggi, facendosi largo tra microfoni e telecamere. La solita attenzione mediatica che non dispiace all’ex avvocato del popolo, che ha un debole per la luce rossa. Ma per quanto tempo ancora il Parlamento dovrà essere ostaggio delle pressioni del Movimento? Quanto a lungo il premier Mario Draghi dovrà difendersi dalle provocazioni di chi soltanto in prospettiva di qualche like in più sui social cambia idea rispetto a decisioni già prese?
In conferenza stampa il presidente del consiglio non ha ceduto all’ira, ha usato con il M5s la via della lusinga, avendo capito il vero punto debole del suo interlocutore: la vanità. Come ha scritto Carmelo Caruso su ‘Il Foglio’ di solito chi non crede di essere rispettato, come lamenta Conte, è un insicuro a sua volta. E al leader pentastellato, che vuole sentirselo dire, si riconosce “l’indole ragionevole, il suo ruolo indispensabile svolto in questi anni”. Dichiarazioni queste che hanno agito come un tonico sull’ex premier, che al confronto con Draghi si è presentato mansueto, quasi intimorito. L’ex numero uno della Bce, dal canto suo, non ha sottovaluto il faccia a faccia, conscio che questi continui attacchi alla lunga possono indebolire l’esecutivo dal di dentro, rallentando l’azione di governo. E ha preparato bene il meeting mattutino. Risultato? I 5 Stelle avevano minacciato di uscire dalla maggioranza di governo, ma durante il vertice Conte ha fatto dietrofront dicendo che non intende rompere. Solito copione già scritto, niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Son mesi che si va avanti così. Viste le tante urgenze dell’Italia è da irresponsabili insistere con iniziative del genere.
Il governo ora porrà la questione di fiducia sul decreto Aiuti, che contiene 23 miliardi a sostegno di imprese e famiglie. Draghi non intende perdere altro tempo, ha tutta l’intenzione di guardare avanti, consapevole delle tante sfide che attendono il Paese. Il premier ha ben altro a cui pensare, non può, un giorno sì e l’altro pure, badare a chi cerca pretesti per far cadere il governo in modo da andare al voto anticipato. Giochetti, sgambetti e colpi bassi che hanno stufato e che soprattutto non giovano agli Italiani.