C’è un solo responsabile del tentativo andato in fumo di mettere insieme un vero centrosinistra riformista, orientato sui diritti civili e su un ‘autentica modernizzazione del Paese: Enrico Letta.
“E non c’è nulla di sorprendente nella rottura, dopo soli cinque giorni, dell’accordo con Calenda”, scrive oggi nel suo editoriale su La Stampa Maurizio Sorgi, che sottolinea come fosse l’unica vera novità politica di questa confusa vigilia elettorale. Anche perché la polemica sulla cosiddetta “agenda Draghi” è una non polemica e a dirlo sono i fatti, neanche troppi remoti. “Basta guardarsi leggermente indietro e rivedere il modo in cui l’Italia è uscita dall’emergenza Covid e ha affrontato l’incognita della guerra in Ucraina.l, con le drammatiche conseguenze in termini di crisi energetica ed economica. Un Paese che si risveglia dal letargo della pandemia e si rimette a correre. Le imprese producono ed esportano. I cittadini riprendono a consumare. I posti di lavoro aumentano a un ritmo superiore alle attese. La crescita supera il 6 per cento, alla fine del 2021, e si attesta quest’anno a più del 3. I turisti stranieri tornano a invadere le città d’arte. Gli alberghi, anche quelli di lusso, a riempirsi. E si potrebbe continuare con esempi come questi, anche se bastano poche parole per descrivere quanto sta avvenendo: la macchina del capitalismo s’è rimessa in moto, la spinta di questi mesi ha consentito al governo di pagare, non uno, ma due decreti “Aiuti” per sostenere famiglie e imprese di fronte ai prezzi crescenti di gas, carburanti ed energia, senza ricorrere a scostamenti di bilancio, cioè a fare nuovo debito”. Una fotografia, quella di Sorgi, corrispondente al vero, perché Draghi aveva un piano preciso, fondato innanzitutto sulla sua credibilità internazionale e sui fondi del Pnrr, per far accelerare la presa. Ma purtroppo è stato fermato. E adesso, mentre staremo a vedere cosa farà il centrodestra, quando, molto probabilmente, dopo il 25 settembre tornerà al governo, cosa ha fatto il Pd, che è stato il più convinto alleato del governo di unità nazionale nei suoi diciassette mesi di vita, lo abbiamo visto tutti. Ahinoi. Invece di allearsi con Calenda, il custode dell’agenda Draghi, si allea con Fratoianni e Bonelli che del capitalismo, sotto molti punti di vista, sono fieri avversari. Il segretario del Pd era assolutamente consapevole delle conseguenze che avrebbe determinato lo strappo di venerdì e, adesso, non è più credibile: il passo indietro di Calenda, che lo ha portato a cancellare l’accordo del 2 agosto, riporta il Pd in mezzo al solito guado della sinistra italiana. E Calenda bene ha fatto a mollare Letta.