Sul Meccanismo Europeo di Stabilità, acronimo MES, c’è tutto un fiorire di
commenti sempre più truci e preoccupati sulle conseguenze per i cittadini circa
la sua l’eventuale approvazione.
Peccato che ogni intervento evidenzi una serie di elementi aventi in comune
più che l’esigenza di chiarire la verità, quello strumentale di dimostrarne la
pericolosità, per accentuare la polemica contro l’UE e l’Euro.
Infatti:
- I critici hanno tentato di spiegare il MES
come se fosse un’intesa nata nel giugno scorso, mentre in effetti si
tratterebbe solo di un paio di modifiche delle modalità di attuazione di un
accordo che esiste ed opera dal 2012, che sono state concordate a dicembre 2018
e a giugno del 2019 e cioè in piena era del Governo Lega-M5S; - Dov’erano al tempo i baldi vice presidenti del Consiglio adesso così
preoccupati? A fare comizi in giro? A fare selfie e a cercare voti? Nessuno che
leggeva le carte? Così è stato difeso il popolo Italiano da questi cavalieri
del club di “Prima gli Italiani”? E se anche i capi erano distratti, come hanno
potuto i loro partiti non accorgersi di un così grande pericolo? - Nessuno ha spiegato cosa sia precisamente
il MES e, in particolare a cosa si riferisca il termine stabilità. Si riferisce alla stabilità del sistema monetario dei 19
Paesi che hanno aderito all’Euro Zona e che hanno adottato l’Euro come moneta
di conto e per la quale hanno in base al loro PIL una percentuale di
responsabilità nella difesa del suo potere d’acquisto. L’Italia ha una
responsabilità del 17,7 % che in rapporto al Fondo salva stati corrisponde ad
una quota di 125 Miliardi di €, che l’Italia non deve sborsare materialmente,
ma solo garantirne il pagamento in caso di insolvenza del richiedente, salvo
che per 14 MLD già versati. Questa rete protettiva è necessaria perché
l’adozione dell’Euro è il primo caso della storia di valuta di conto emessa
senza un governo unitario a governarla. Gli accordi di Maastricht altro non sono che le regole auree per garantire
la stabilità dell’Euro e il MES il sistema per riparare i guasti di quei
Paesi membri che, discostandosi da quei parametri, mettono in discussione la
tenuta della moneta, con danno e conseguenze anche per i Paesi virtuosi. - Senza le regole di Maastricht, che fanno agitare
i sovranisti in merito al presunto furto di sovranità, l’Euro sarebbe già fallito
e con esso gli indiscutibili benefici sulla riduzione del costo degli interessi
pagati sul Debito Pubblico dall’Italia. Ma soprattutto cosa accadrebbe se
l’Italia uscisse dall’Euro, come incoscientemente teorizza il Leghista Borghi,
Presidente della Commissione Bilancio della Camera e, purtroppo non solo lui?
Esattamente l’immediato crollo della credibilità del sistema economico e finanziario
italiano e, conseguentemente, la fuga dei sottoscrittori del nostro debito
pubblico: in una parola un totale fallimento dello stato, stile Argentina, nel
giro di poche settimane, che determinerebbe l’inevitabile rovina di tutti gli
Italiani. - La politica del muro contro muro contro
l’Europa oltre ad essere sbagliata e sterile, è ingiustificata, perché nessuno
vuole comandare sull’Italia, ma semplicemente molti paesi europei, virtuosi
perché hanno fatto le riforme a suo tempo e prima dell’Italia, pagando alti
prezzi sociali, guardano con preoccupazione alla nostra incapacità di governare
l’economia e i relativi processi produttivi e, soprattutto, di tenere sotto controllo i conti pubblici,
attesa la tendenza ormai ultra quarantennale della nostra classe dirigente, di
qualsiasi colore politico, di riuscire a fare politica unicamente ricorrendo
all’aumento costante del debito pubblico. Chi difende il presunto diritto
dei governi di fare debiti senza progettualità né capacità di creare sviluppo e
lavoro, ma solo in nome del principio di essere padroni a casa propria, non
difende i diritti dei cittadini, ma gli interessi e gli errori di una classe
politica incapace e clientelare e, quindi, contribuisce alla rovina del popolo.
In questo modo, ciò che viene teorizzato è di fatto la legittimazione delle cattive politiche di chi ha fatto strame di
questo Paese sin dai tempi della I Repubblica, che non a caso inventò
questo sciagurato sistema di finanziamento del clientelismo, determinando il
costante aumento del debito pubblico per ottenere i consensi elettorali, scaricando cinicamente i costi e le
conseguenze di questa aberrante decisione sulle generazioni future; - Questa ideologia è il “Pensiero Unico della Spesa” che fu teorizzato nel 1977 dopo il
sequestro Moro, e fu utilizzato per evitare, con elargizioni e mance, che il
messaggio eversivo delle Brigate Rosse venisse raccolto dai cittadini. Un
sistema che è stato il “vaso di Pandora” per la politica della I repubblica,
quella che in meno di 10 anni ha portato il Paese al dissesto, e che non ha mai
più smesso di operare, adottato senza alcuna eccezione da tutti i governi
alternatisi dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso fino ad oggi, tant’è
che il debito che era al 60% in rapporto al PIL nel 1977, ha raggiunto
l’attuale 135% e corre verso il 136%, con la benedizione di Destra, Sinistra e
Centro, il che la dice lunga sul senso vero di questa assurdità che ci sta
impoverendo tutti. Basta analizzare le polemiche sulle leggi finanziarie per
capire che in un Paese che cresce da 40 anni a ritmi inferiori della metà a
quelli degli altri Paesi UE, i litigi tra i partiti vertono solo su come
spendere i danari e non sull’adozione di strategie e obiettivi per aggredire i
nodi del declino economico e sociale. - Questa è la vera tragedia che vive
l’Italia e su cui, senza bugie propagandistiche ciascuno si deve interrogare
per capire come si può servire davvero
il Bene Comune. E quindi chiariamo alcune cose. - L’Italia non è affatto penalizzata dalla
riforma del MES del giugno 2019, perché, come spiego nell’articolo allegato, si
tratta di modifiche parziali e limitate che nulla di grave aggiungono alle
intese precedenti rimaste inalterate. Ciò non impedisce ovviamente che non si
abbia tutto il diritto di esprimere perplessità su alcuni aspetti di queste
parziali e limitate modifiche, perché non si comprende nel merito il senso di una riforma
che sottoponga i Paesi non in linea con gli accordi di Maastricht, prima di accedere
agli aiuti, di ristrutturare il proprio debito pubblico con la fissazione di
una penale sul valore nominale dei titoli. Ciò comporta una diminuzione del
valore nominale e una perdita netta per i detentori, ma soprattutto la
conseguenza di penalizzare ulteriormente un Paese già in difficoltà per la
maggiore onerosità della gestione del debito, a causa proprio della ristrutturazione.
Se l’obiettivo del MES riformato rimane “Salvare gli Stati” e anche aiutare le
banche dell’Euro Zona, l’obbligo della ristrutturazione del debito per accedere
agli aiuti sembra andare nella direzione opposta, perché non creerebbe in tal
modo stabilità, ma il contrario. Ma se questo sembra un errore oggettivo, di
cui non si comprende la ratio, che andrebbe sanato con la sua rimozione, le
polemiche che sono state armate su questo punto appaiono esagerate e
strumentali. Sia perché non implica immediate conseguenze perché l’Italia non
ha bisogno del MES, e anche perché può difendersi con il diritto di veto. Ma
soprattutto perché la questione riguarda uno scenario che diventerà operativo a
partire dal 2024. Tutto ciò che ha alimentato la polemica sul MES quindi è solo
strumentale esagerazione a scopo denigratorio dell’UE. Ed è grave perché non va
a tutela degli interessi generali del Paese e degli Italiani. Anche l’ipotesi
di presunto intervento per risanare i bilanci delle Banche tedesche, è vissuta
come un’ulteriore ragione di fastidio,
specie se paragonata con la presunta penalizzazione delle banche Italiane, che
hanno risanato in parte i loro bilanci senza gli aiuti dell’UE. Sarebbe bene in
tal senso ricordare che sono state le Banche Italiane, in occasione della
grande crisi dei “titoli spazzatura”, a rifiutare e a non volersi avvalere
dell’intervento dell’UE, forse per non scoprire del tutto le voragini prodotte
in decenni di gestioni allegre e tenere nascoste le vergogne, per non allarmare
la clientela e rovinare la reputazione del sistema bancario nazionale, al
contrario delle banche di quasi tutti i Paesi dell’Euro Zona, che invece
approfittarono largamente degli aiuti. Quindi chi utilizza a scopo
propagandistico e con intento provocatorio questa questione, farebbe meglio ad approfondire
il tema prima di continuare nell’intento denigratorio dei patner europei, che
non sono santi, ma neanche i demoni che vengono descritti.
In ogni caso essendo l’Unione Bancaria un tema in
itinere, ed essendo il “Fondo di Risoluzione Unico Europeo” previsto
operativamente per l’anno 2024, forse lo scontro politico potrebbe essere
gestito in Italia e in Europa con maggiore serenità e giudizio, limandolo
meglio nelle parti incomprensibili e ingiustamente penalizzanti. Ecco perché è
più che evidente che stando così le cose, e non essendoci imminenti rischi di
dovere affrontare procedure di risanamento per nessuno, essendo l’accordo stato
definito a giugno, un rifiuto dell’Italia a firmarlo non appare oggettivamente
motivato e rischia di essere pagato a caro prezzo, essendo il rifiuto a firmare
una chiara manifestazione anti Euro e anti UE, che riporterebbe un clima di
fibrillazione sui mercati e conseguente aumento esponenziale dello spread. C’è
un tempo per discutere e un tempo per firmare. A meno che non si voglia proprio
la rottura con l’UE e l’uscita dall’Euro, meglio se gestita da una governo
Giallo-Rosso?
Bene quindi è stato il rinvio a gennaio della firma
sul MES, ma alla scadenza l’accordo va firmato, fermo restando il diritto
dell’Italia di riservarsi nell’immediato futuro e nell’ambito delle trattative
sull’Unione Bancaria, di riproporre le modifiche alla modifiche del giugno
2019, incoerenti con le finalità del MES.
Se poi vogliamo affrontare il tema delle
responsabilità è assolutamente inaccettabile che nessuno al governo abbia
capito i presunti rischi e le implicazioni che avrebbero comportato le modifiche
del MES, e che gli stessi soggetti che avevano responsabilità di governo, dopo
che avevano avallato tutto, o peggio non avevano capito niente, oggi possano intestarsi
una battaglia “a difesa degli Italiani”.
Ovvero sapevano tutto e hanno consapevolmente deciso
di ignorare le modifiche dell’accordo, magari per stemperare il clima
conflittuale dei mesi precedenti e rassicurare i patner sulla lealtà all’UE del
governo Giallo-Verde?
Forse non lo scopriremo mai, ma ciò che conta, in
conclusione, è che nessuna delle poche modifiche del giugno 2019 danneggia
l’Italia nell’immediato e ci sono le condizioni e i tempi per correggere la
norma equivoca e contraddittoria che imporrebbe la ristrutturazione del debito
per accedere agli aiuti del MES, e che in ogni caso l’Italia ha gli strumenti
per difendersi a partire dal diritto di veto, che detiene insieme solo a
Germania e Francia. Ma il punto politico della questione, su cui nessuno dei
partiti di maggioranza e di opposizione si pronuncia è l’esigenza di rimuovere
le cause di debolezza dell’Italia e, in particolare l’urgenza assoluta di mettere mano al risanamento del Debito Pubblico e conseguentemente alle politiche, da decenni drammaticamente inesistenti,
di rilancio della produttività e di incremento del PIL e dell’occupazione,
ovviamente a prescindere dal MES e come misura fondamentale per fermare il
declino. Ma questi obiettivi non saranno mai possibili se la politica nazionale continuerà ad obbedire alle scellerate logiche
del “Pensiero Unico della Spesa” e continuerà l’abuso dell’aumento del
debito pubblico, per perpetuare l’osceno “voto di scambio” con gli elettori,
che è rimasta l’unica scelta ideologica
dei protagonisti della politica Italiana negli ultima quaranta anni. Questa
è l’unica vera minaccia al popolo italiano, che non proviene dall’Europa ma
dalle scelte sbagliate di una classe politica incapace e inadeguata, che ha
abdicato al suo ruolo di responsabilità al servizio del “Bene Comune” ed
avviato un sistema di effimera sopravvivenza e fino ad esaurimento delle
capacità di indebitamento, che porta solo all’autodistruzione di questo Paese,
condannato al tragico destino del cupio dissolvi.
Queste riflessioni sono introduttive al commento sul MES, pubblicato sia sul Quotidiano la Sicilia del 28.11.2019, che su il Patto Sociale del 27/11/2019, in cui tento di chiarire i termini corretti della vicenda.