Quarantaquattro i capi di Stato e di Governo riuniti nel castello della capitale Ceca, chiamati a raccolta per trovare una soluzione alle emergenze del Vecchio Continente, vale a dire la guerra in Ucraina e la crisi energetica. Di fronte a Mario Draghi molti di loro non hanno taciuto la ‘preoccupazione’ per la vittoria alle elezioni politiche di Giorgia Meloni. “Cosa succede ora in Italia?”, la domanda che diversi leader hanno rivolto all’ex numero della Bce, che con il suo solito aplomb ha cercato di rassicurare tutti quanti. Non tanto per dare una mano alla leader di FdI, intendiamoci, ma per svolgere fino in fondo il suo ruolo di civil servant. L’obiettivo di Draghi è sempre stato infatti solo uno: servire il proprio paese.
L’economista ha ripetuto a chiunque, Ursula von der Leyen inclusa, che l’Italia ce la farà. Il premier, per carattere, non è per gli allarmismi. Sa che questi ultimi farebbero soltanto del male al nostro Paese. E l’ha spiegato anche ai cronisti, così che il messaggio arrivasse forte e chiaro anche fuori dalle mura del castello, dove si è svolto il summit: “Quando c’è un cambio di governo e di politica così importante c’è molta curiosità ma non c’è preoccupazione. C’è gran rispetto per le scelte degli italiani, c’è interesse a sapere come si evolverà la linea politica del nuovo governo. La linea politica estera, se si guarda le decisioni del passato, dovrebbe essere invariata”.
Draghi si è detto soddisfatto per l’incontro a Praga: “Sull’energia, le cose si stanno muovendo. La Commissione presenterà una proposta il 19 ottobre al Consiglio europeo: i 3 elementi – far diminuire i prezzi, un meccanismo di solidarietà e un inizio di riforma del mercato – ci saranno”. E ancora: “Non abbiamo parlato molto nel dettaglio delle questioni, anche perché la presidenza ceca ha detto che convocherà tanti Consigli dell’energia quanti sono necessari per arrivare ad una proposta concreta” in vista del 19-20 ottobre. Il premier condivide la proposta avanzata lunedì scorso dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton, che hanno caldeggiato l’istituzione di uno strumento simile al programma Sure, basato su prestiti e non su trasferimenti.
Per Draghi uno strumento comune che eroghi prestiti agli Stati membri “è quello che serve per cercare di mettere tutti i Paesi, sia quelli che hanno spazio fiscale, sia quelli che non hanno spazio fiscale, su un livello uguale”.