Toccata e fuga, evitando le bombe, per andare a prendere la suocera e il cognato rimasti a Kharkiv e bloccati dalla guerra. E invece è tornato con 40 profughi ucraini, per lo più anziani, donne e bambini, che è riuscito a portare in salvo a Vienna.
Alberto Andreani, 58 anni, ex agente della Mobile di Firenze e esperto di missioni internazionali, a bordo di un Transit insieme a un amico, con a bordo carburante e viveri, da Vienna, dove vive con moglie e figli, era partito in direzione Ucraina per salvare la famiglia. E si è ritrovato a guidare, sulla via del ritorno, un convoglio con cinque mezzi, tra cui un bus, affittati per portare in salvo quaranta civili a Vienna.
La suocera diceva loro al telefono di essere rassegnata, di considerarla morta. Ma lui ha deciso di arrivare fino a Kharkiv, sfidando la guerra. “Non ho improvvisato – racconta a Il Messaggero -, in tanti anni di esperienza in polizia e in missioni internazionali mi sono costruito una rete di relazioni. Così in questa operazione ho avuto 90 esperti di vari settori che mi seguivano col gps, organizzati in quattro chat differenti, che mi spiegavano come muovermi dal punto di vista logistico, come evitare le zone più a rischio, i bombardamenti”. Ma il rischio di morire sotto le bombe lo ha corso uguale, quando si è trovato sotto la pioggia di ordigni lanciato dai russi a Vinnytsia.
L’idea di aiutare i civili a lasciare l’Ucraina gli è venuta quando al supermercato ha incontrato un anziano solo è una donna che volevano fuggire, senza sapere come fare, è che gli chiedevano aiuto. “Rapidamente il convoglio per portare via mia suocera e mio cognato è cresciuto – aggiunge -. Dietro al mio furgone, mano a mano si sono aggiunti altri mezzi. Quaranta persone. Sì è subito messo al lavoro il team delle chat. Ci sono esperti legali e amministrativi”.
“Come facevo a lasciarli là sotto le bombe – si domanda Andreani -? Semmai il difficile è stato scegliere chi portare con me, ho deciso sulla base delle situazioni personali, verificando chi avesse più bisogno. Vogliamo organizzare l’accoglienza e la regolarizzazione di queste persone, individuare le case dove possono essere accolti. Dodici vengono da me a Vienna – conclude -. È stato un viaggio lunghissimo, ci siamo riposati solo quando abbiamo passato il confine in Romania e ci siamo regalati due notti in hotel”.