Il merito non basta: nonostante il Pnrr preveda entro il 30 giugno 2022 l’entrata in vigore della riforma della carriera degli insegnanti, di metodi per premiare i più bravi non c’è alcuna traccia e, per i professori, è ancora l’anzianità a stabilire l’avanzamento di carriera. Assurdo.
“Centosessantatre anni dopo la prima sanatoria decisa nel 1859 da Vittorio Emanuele II due anni prima che fosse sancita l’Unità, il pilastro buro-sindacale nella scuola, sacro e intoccabile come il Dente di Budda in Sri Lanka, è rimasto tale anche con Mario Draghi. Ma come, direte, non è da decenni un portabandiera del merito? Lo era anche Mariastella Gelmini, a leggere 37 volte la parola «merito» in una proposta di legge prima (prima) che diventasse ministro. Eppure…”. Lo scrive oggi Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, visto che proprio in questi giorni il decreto-legge 36/2022 è in discussione al Senato per la conversione definitiva in legge, ricordando anche un dossier di “Tuttoscuola” in cui si sottolinea come la parola “carriera” negli ultimi vent’anni sia scomparsa dagli impegni ministeriali e contrattuali” dopo “l’insuccesso della proposta del ministro Luigi Berlinguer, inizialmente condivisa dal sindacato ma successivamente osteggiata da un’ampia parte della categoria” ed evaporata in estenuanti battaglie contrattuali fino a perdersi «negli archivi delle buone intenzioni”. Il Parlamento, accusa la rivista di Giovanni Vinciguerra, avrebbe ancora “un’occasione unica per riprendere quella riforma mancata, coinvolgendo per la parte di sua competenza il sindacato”.
Prova ne sia che «nel paragrafo 3.2 dell’Atto di indirizzo, dedicato alla Formazione, si afferma che «Il contratto, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato (…) valorizzando l’impegno ulteriore previsto per tutto il personale e fermo restando il principio della remunerazione delle attività di formazione, potrà altresì prevedere le modalità attraverso le quali l’impegno in attività di formazione in servizio certificate, valutate e coerenti con l’attività svolta, potranno collegarsi al riconoscimento delle competenze maturate nell’ambito degli sviluppi di valorizzazione professionale…». Fateci capire – scrive Stella – esiste un modo per premiare i più bravi di questa o quella categoria, alle primarie o alle superiori, senza dare loro un becco di quattrino perché lo Stato ha deciso a priori di non spenderne uno in più e risparmiare ancora sugli stipendi dei docenti che sono già, dice l’ultimo rapporto di Eurydice «Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2019/20», tra i meno pagati dei 38 sistemi educativi europei e nettamente più poveri rispetto ai colleghi di Belgio, Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Islanda e Norvegia? Per non dire degli stipendi deluxe superiori a 50mila euro in Danimarca, Germania, Lussemburgo, Svizzera e Liechtenstein?”.
Eppure, anche nell’ultimo emendamento firmato dal presidente della 7ª Commissione permanente Istruzione pubblica e beni culturali, Riccardo Nencini, che potrebbe ancora fare dei ritocchi essenziali la frase definitiva è lì inchiodata: “Resta ferma la progressione salariale di anzianità”. Domanda: perché mai un giovane brillante, innamorato della scuola, disposto a fare sacrifici che altri non farebbero, dovrebbe sentirsi attratto da un ambiente del tutto disinteressato ad assumere chi di più studia, chi di più si aggiorna, chi di più approfondisce la conoscenza di lingue straniere se a quello Stato, a quell’ambiente, a quella scuola interessano solo singoli anonimi individui che non daranno mai una briciola in più di quanto viene loro chiesto? È questo il modo d’attirare talenti potenzialmente indispensabili spezzando finalmente quell’”egualitarismo assoluto che mette sullo stesso piano 800.000 professionisti” come fossero 800.000 robot azionati a manovella?
Peggio, accusano i più critici verso la “riforma” ancora in discussione: ci sono addirittura passi indietro rispetto ai passi avanti fatti dallo stesso sindacato nel passato. E prendono ad esempio il “Contratto collettivo nazionale di lavoro per il quadriennio normativo 2002\2005” o la “legge 107/20152 (scusate il burocratese) per affermare come ora non ci sia più manco la “formazione obbligatoria” (essenziale in un mondo in cui sono troppi i maestri e i professori finiti in cattedra senza aver mai superato una selezione), sostituita da una formazione “incentivata”: “Al fine di incrementare l’accesso ai predetti percorsi formativi è previsto un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio riconosciuto all’esito positivo del percorso formativo”». Ricordate le contestatissime leggine proposte o addirittura varate per premiare certi settori pubblici in cui chi si presentava al lavoro (come non fosse ovvio)- prosegue Stella – doveva venire premiato o certi postini già pagati per consegnare le lettere dovevano ricevere un plus per ogni lettera consegnata? Ecco, una cosa simile. “Ma si fa carriera solo con l’anzianità o anche con qualche premio strappato per merito?”. Ah saperlo.