Su «Il Fatto Quotidiano» l’intervista a Kateryna Levchenko, militante femminista da quando aveva 25 anni, che ora consiglia il governo ucraino sulle questioni di genere. È candidata il prossimo giugno al Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne. A proposito delle violenze sessuali commesse dai soldati russi ha dichiarato: «Non abbiamo statistiche dettagliate per questo tipo di crimine. È ancora troppo presto. Polizia, servizi segreti e governo ci stanno lavorando attivamente. A questo stadio abbiamo documentato forse non più del 5% dei crimini sessuali commessi. Non è molto, ma è abbastanza per affermare che lo stupro è una delle armi di guerra che la Russia sta usando contro l’Ucraina».
Si può parlare di genocidio? «Sul piano giuridico è molto complicato. Ma da diverse denunce è emerso che molti soldati russi promettono alle loro vittime che non potranno più mettere mondo dei ‘nazisti’. Alcune donne violentate vengono uccise, altre subiscono traumi tali che ne porteranno le cicatrici per sempre, o non avranno più una vita sessuale normale o diventano sterili. È proprio la riproduzione di un popolo ad essere presa di mira. Ed è così che tutte le città occupate dai russi, Kiev, Cherson, Kharkiv, Cherniv. Questi reati sono commessi con l’autorizzazione di chi comanda». E ancora: «I soldati russi della 64esima Brigata, responsabili delle atrocità di Boucha e Irpin, una volta rientrati in Russia una volta ricevuto onori e medaglie direttamente da Putin. I nostri servizi hanno avuto accesso alle telefonate di molti soldati alle loro famigli e ai loro scambi sui social: le persone si congratulano con loro per aver violentato, torturato e assassinato. I soldati sono quelli che, anche con armi vietate come gli stupri, mettono in atto gli appelli dei politici a radere al suolo l’Ucraina».
Si tratta di una «specificità russa che va oltre i conflitti conflitti armati, un’ideologia di violenza estrema e indistinta. I soldati violentano le donne ma anche i bambini e gli uomini. Esiste una cultura dello stupro. I soldati russi si comportano così per motivi diversi. Il primo è l’impunità ereditata dal regime sovietico, che ha torturato migliaia di persone. Le nuove generazioni vivono con l’idea che non c’è alcuna responsabilità nell’essere violenti. Anche il fatto che la violenza domestica sia fatta depenalizzata in Russia è un esempio di questa ideologia. La violenza contro le donne, in particolare, è anzi incoraggiata, attraverso un fortissimo culto della virilità. L’ideologia della Russia, del ‘mondo russo’, è in opposizione a tutti i valori dei diritti umani, del rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze. In Russia le donne sono viste solo come uno strumento di riproduzione, una macchina per fare figli in un mondo patriarcale», ha spiegato Kateryna Levchenko.
«È importante aiutare le vittime nella loro ricerca di giustizia davanti ai tribunali nazionale e internazionale, ma anche all’interno della nostra società che deve riconoscerle e rispettarle. Ciò che si può ottenere attraverso un processo di riparazione morale e materiale, ma anche favorendo l’emergere, in Ucraina e nel mondo, di un sentimento benevolo, di comprensione e empatia verso le vittime di violenze sessuali, che innanzitutto bisogna vedere come delle sopravvissute a violenze estreme», ha spiegato Kateryna Levchenko. Bisogna sfondare il muro del silenzio, stare vicino a queste donne violate in una società dove lo stupro viene considerato ancora un argomento tabù.