Simposio indigesto per il fu centrodestra, che neanche attorno alla lussuosa tavola di Villa San Martino ad Arcore, diversi mesi dopo l’ultimo incontro, riesce più a rimettere insieme i cocci di un’alleanza che nei fatti non esiste più dai tempi ma che Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini provano a tenere insieme. Con risultati disastrosi.
In primo luogo la distanza è dettata soprattutto dal fatto che FDI è l’unico partito da un anno rimasto fuori dal Governo Draghi: Meloni vuole dai suoi un impegno ad escludere qualsiasi altro futuro patto con PD e M5S, come quello per la rielezione di Mattarella per intenderci, ma gli interlocutori al riguardo sono apparsi un po’ freddi. Soprattutto Salvini. E poi c’è la guerra in Ucraina, con Salvini e Berlusconi arroccati su posizioni pacivendole e filoputiniane, e Meloni più schierata col patto atlantico. In realtà le radici della frattura sono più profonde. Intanto l’ascesa di IoSonoGiorgia, che ruba la scena agli altri (ex) amici, e poi il vero e proprio disastro compiuto sulle Amministrative in importanti centri dello Stivale (nonostante i tre simboli siano insieme in 21 comuni su 26). Per non parlare della ricandidatura del fratello d’Italia Nello Musumeci, governatore uscente, alle regionali in Sicilia, osteggiata da FI e Lega. Inutile il tentativo di Berlusconi di fare da paciere e di uscire con una linea programmatica condivisa dal summit di Arcore: per volontà unanime (almeno su questo) al termine del pranzo una nota congiunta, come sempre accaduto in passato, stavolta non ci sarà. “Solo un pazzo può far saltare in aria la coalizione” dice Berlusconi, ma di fatto la coalizione non c’è più, e a tavola il risentimento tra le parti è emerso chiaro. Nonostante il “siamo molto soddisfatti” gelido di Salvini e le frasi di circostanza (“dobbiamo ripartire dal programma, ne avremo uno unico, la coalizione va avanti spedita”) del padrone di casa.
A ribadire come stanno davvero le cose ci ha pensato una nota di Fratelli d’Italia che ha spiazzato Lega e FI. “È sicuramente positivo essersi incontrati ma l’unità della coalizione non basta declamarla. Occorre costruirla nei fatti – scrivono i meloniani -. Andiamo divisi in cinque città ma sono purtroppo città importanti. E restano diversi nodi aperti. A partire dalla non ancora ufficializzata ricandidatura del presidente uscente Nello Musumeci in Sicilia, su cui la personale dichiarata disponibilità di Silvio Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Matteo Salvini di ritardare l’annuncio del candidato. Le regole su alleanze e programmi comuni sono ancora fumose”. Parole che hanno irritato soprattutto Berlusconi, soprattutto nel passaggio relativo a Musumeci: il Cavaliere sostiene di non aver dato l’ok alla ricandidatura del governatore uscente. “Prima di salutarci Berlusconi ci ha letto una nota in cui sostanzialmente si diceva favorevole nei confronti del governatore uscente – rivela però lgnazio La Russa, presente ad Arcore con la Meloni (con Salvini c’era Roberto Calderoli, ma i due hanno lasciato il simposio anzitempo per tornare a Roma) -. Noi siamo usciti da Villa San Martino convinti che l’avrebbe diramata. Così non è stato. E non sappiamo perché”.
Festa finita per il fu centrodestra, che non riesce più a ritrovarsi neanche a tavola e continua solo a litigare per le poltrone.