“Cosa sta succedendo, fatemi capire”. L’ad Carlo Fuortes, convocato dal Copasir, nell’ambito dell’indagine sulla disinformazione russa nella Tv italiana, avrebbe detto così, prima di aver ascoltato con attenzione quanto detto dai parlamentari riuniti a palazzo San Macuto, e analizzato i documenti della nostra Intelligence. Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è convinto che l’Italia sia uno dei Paesi bersaglio della cosiddetta “guerra ibrida” combattuta a colpi di fake news che inquina l’opinione pubblica.
Un fenomeno quello dell’infowar, che interessa sia le reti pubbliche che quelle commerciali, ma il fatto che avvenga però sull’emittente di Stato lo rende ancora più preoccupante. Diversi episodi sono stati tirati in ballo nel corso dell’audizione: in primis i “comizi” di Nadana Fridriksson, la giornalista del ministero della Difesa russo che nega l’aggressione di Putin all’Ucraina, per dire.
Siamo di fronte a una «ingerenza messa in campo da attori statuali», l’osservazione del presidente del Copasir, Adolfo Urso, al termine dell’audizione. Con l’ad Carlo Fuortes si è condiviso l’obiettivo di «preservare la libertà, l’autonomia editoriale e informativa e il pluralismo da qualsiasi forma di condizionamento». L’incontro con l’ad è stato ovviamente secretato, ma qualcosa è trapelato. Fuortes, che avrebbe più ascoltato che parlato, «ne è uscito con un’importante consapevolezza, cioè che la sua azienda è stata bucata più volte dalla disinformazione russa, perché viene dato credito a soggetti che non sono chi dicono di essere», la cruda sintesi riportata da «La Stampa». L’ad ha spiegato che saranno rivisti i format dell’informazione: nella bozza delle linee guida proposte dal presidente della commissione, Alberto Barachini, per gestire la presenza di opinionisti all’interno dei talk della Rai, parla della nascita di un osservatorio interno contro le fake news e, inoltre, si chiede «la sensibilizzazione dei conduttori delle trasmissioni».
Resta importante il dialogo, il confrontarsi. Proprio perché è sottile il velo che divide informazione e propaganda. Come si legge su «Domani» “secondo i documenti che solo il Copasir ha potuto visionare, ci sarebbe un altro livello di disinformazione, più subdolo, e dunque ancora più scivoloso: ci possono essere soggetti non necessariamente riconducibili all’infowar, reclutati anche inconsapevolmente, o ‘risvegliati’ in questo contesto”.