“Fare la pace adesso significherebbe la fine del sistema internazionale degli ultimi settant’anni e il ritorno alla barbarie del sistema internazionale in cui Saddam Hussein si annette il Kuwait e bisogna fare una guerra per buttarla fuori; o in cui Hitler si prende i Sudeti e l’anno dopo pensa di prendersi Danzica. E scoppia la guerra”.
Vittorio Emanuele Parsi ha la grande capacità di parlare con toni talmente semplici e diretti di politica internazionale da farsi intendere persino dal capo del Movimento cinque Stelle. “L’avvocato Conte è favorevole a far la pace con la Russia pur di far la guerra a Di Maio”, dice il politologo in un intervento su La7. “Del resto era stato quello che voleva distanziare gli studenti con i banchi a rotelle: ecco la sua concezione pratica della guerra”, aveva detto in un’altra occasione, senza sprecarci su troppo il fiato.
Secondo Parsi, si parla di pace soltanto in termine propagandistici, perché “è ovvio che tutti vogliamo la pace ma c’è una exit strategy da seguire”. Che, per l’accademico deve coinvolgere la Cina, ad oggi consapevole delle debolezze russe: il Pil, dall’ideologia russa e il sistema politico del Cremlino.
“La Cina, grande sostenitore russo, vede i suoi interessi divaricarsi rispetto a quelli russi”, spiega Parsi – Sa bene che nel futuro ci sono Cina, Stati Uniti e Unione Europea, ma non la Russia”. Ed è proprio su questo che bisogna lavorare. “Dobbiamo parlare con i cinesi, perché sono gli unici che posso sedersi al tavolo con Putin”. Parsi conclude, poi, con una lezioncina: “Scelte in politica internazionale senza rischio non esistono”. A buon intenditore poche parole.