«La Crimea non farà mai parte della Federazione russa. Non ho mai detto di voler riconoscere l’indipendenza della Crimea. Ma adesso, con la guerra in corso, questa questione dolente va lasciata da parte se ostacola l’incontro tra i due presidenti». Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un’intervista concessa a Bruno Vespa, mandata in onda nel corso dell’ultima puntata della trasmissione di Rai 1 «Porta a Porta», parlando della sua posizione riguardo alla penisola della Crimea, che nel 2014 era stata occupata dalla Russia e annessa con un referendum considerato illegale dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale. «Noi non salviamo la faccia di Putin pagando con i nostri territori. Sarebbe ingiusto», ha rimarcato.
Del possibile riconoscimento dell’indipendenza della Crimea e della sua annessione alla Russia si era parlato nei giorni scorsi, ma solo in Italia. Difatti erano state travisate alcune parole di Zelensky durante l’incontro presso il think tank Chatham House. Un giornalista della Bbc Frank Gardner della Bbc aveva chiesto al leader di Kiev: «Qual è il minimo che voi — il popolo ucraino e voi, il presidente, per conto del popolo — potreste accettare in un accordo di pace con la Russia? Potreste accettare un ritorno alla situazione del 23 febbraio?». Zelensky aveva replicato: «Prima di tutto vorrei che fosse chiaro che sono stato eletto dal popolo ucraino come presidente dell’Ucraina, non presidente di una mini-Ucraina di qualche genere, e questo è un punto molto importante. E vorrei che fosse chiaro che abbiamo bisogno di alcune disposizioni in termini di dialogo per fermare le uccisioni, così da poter usare canali diplomatici per riprenderci i nostri territori… il minimo che accetterei. Penso che il passo minimo prima di fermare la guerra è che si inizi a parlare usando questa nozione di normalità se si applica alla situazione, ma per quanto riguarda il blocco dell’aspetto diplomatico dei nostri rapporti…. Per fermare la guerra tra Russia e Ucraina, il passo dovrebbe essere di tornare alla situazione del 23 febbraio, lei ha ragione. Devono tornare indietro, dietro alle linee di contatto e ritirare le truppe ovviamente, e in quella situazione saremo in grado di iniziare a discutere le cose in modo normale. Ma perché loro si ritirino dobbiamo cominciare a parlare e mi rendo conto che nonostante abbiano distrutto tutti i nostri ponti, non tutti i ponti sono distrutti da un punto di vista metaforico».
Come potete leggere voi stessi, Zelensky non ha menzionato né la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, né il Donbass. Non ha mai detto il presidente ucraino di essere disposto ad accettare la sovranità della Russia sulla penisola della Crimea per poter porre fine al conflitto. Il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva come risposto a distanza Zelensky, dichiarando che l’Alleanza Atlantica non avrebbe mai permesso la cessione della Crimea. In verità, la storia della rinuncia alla Crimea per la pace era una bufala tutta italiana, così come il duello a distanza fra Zelensky e la Nato, dovuto probabilmente al riferimento “al 23 febbraio”, alla situazione pre-bellica. Ma un conto sono le libere interpretazioni, un altro i fatti. Zelensky è responsabile di quel che dice, non di quello che gli altri capiscono (stampa nostrana inclusa).