Un’offerta d’aiuto che potrebbe essere stata solo un cavallo di Troia per carpire informazioni all’Italia. Un’operazione fatta passare come “umanitaria” ma in realtà costata allo Stato italiano oltre tre milioni di euro.
Ciò che emerge dalle mail tra ambasciata russa e ministero dell’Interno del marzo 2020, quando l’Italia era in piena emergenza covid, pubblicate oggi in un articolo a firma di Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, svela come quello che all’epoca il premier Conte e lo zar Putin fecero passare come una grande iniziativa solidale altro non fu che l’acquisto di servizi a pagamento dell’Italia dalla Russia.
“Sono state preparate brigate mediche con impianti e attrezzature necessarie per prestare assistenza d’urgenza e curare gli ammalati. Si prevede di inviare i mezzi speciali per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette” si legge in una mail delle 8.48 del 22 marzo 2020 inviata dall’ambasciata russa, che la Farnesina trasmette alla Protezione Civile con i dettagli della missione “umanitaria” in arrivo da Mosca per “bonificare strutture pubbliche dal virus”. Una missione da 130 persone, per cui il governo italiano si impegna a pagare tutte le spese.
Ma la documentazione raccolta dal Copasir sugli “aiuti” russi nei primi mesi della pandemia racconta una diversa verità. Perché quello che era stato l’accordo siglato da Putin e Conte si è rivelato assai diverso poi nella realtà dei fatti. A partire dal materiale sanitario promesso – mascherine e respiratori -, rivelatosi insufficiente. Secondo il Copasir, infatti, nascosta dietro la missione umanitaria c’era un’attività di spionaggio russa a spese degli italiani. Tale tesi sarebbe confermata anche dalle modalità con cui Mosca chiedeva, a mo di ultimatum, all’Italia di accettare le loro perentorie condizioni. “Attendiamo risposte alle domande entro tre ore sui canali diplomatici a Roma o a Mosca” si legge in un’altra missiva inviata dagli uomini del Cremlino.
La sventurata rispose, evidentemente, perché poi 11 velivoli militari russi atterrarono nel Belpaese, conoscendo preventivamente, come richiesto, “tutte le informazioni sugli aeroporti di arrivo e le località in cui saranno inviati gli specialisti russi”. Informazioni che l’Italia ha concesso, perché, si legge ancora nel carteggio telematico, “secondo le intese raggiunte durante il colloquio telefonico tra il presidente della Federazione russa Vladimir Putin e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai fini di prestare aiuto nella lotta contro il coronavirus, la parte russa pianifica di effettuare quotidianamente dal 22 marzo al 15 aprile sulla rotta Soci-Pratica di Mare-Soci i seguenti voli speciali. Il decollo del primo aereo è programmato per le ore 14 di Mosca poi a seguire a distanza di un’ora altri quattro aerei. Attualmente si stanno preparando alla partenza 123 persone e 7 mezzi. Fra gli specialisti russi ci saranno 12 interpreti di lingua italiana per poter assicurare la comunicazione immediata con gli esperti italiani”.
La missione allora spacciata come “umanitaria” non lo fu affatto. Il testo dell’accordo rivela infatti che sin dall’inizio l’Italia sapeva di dover pagare tutte le spese: oltre tre milioni di euro. “L’ambasciata sarà grata a codesto ministero se vorrà provvedere ad ottenere dell’autorità competenti italiane l’autorizzazione per il sorvolo del territorio italiano e lo scalo sull’aeroporto di Pratica di mare – scrivono ancora da Mosca. Si prega altresì di provvedere al servizio terrestre aeroportuale nonché al refueling fino a 50 tonnellate di combustibile a titolo di cortesia. Contiamo sul rifornimento gratuito degli aerei russi presso gli aeroporti italiani per il volo di ritorno e sull’esenzione dalle tasse di aeronavigazione, pagamento del parcheggio e altri servizi aeroportuali”. Anche le spese di permanenza dei russi in Italia le va pagate il governo italiano. “Ci auguriamo che le questioni di vitto alloggio e supporto alla vita dei medici russi siano risolte dalla parte italiana – recita la nota dell’ambasciata -, come pure la messa a disposizione di materiali consumabili necessari, per esempio per il funzionamenti degli apparecchi di ventilazione artificiale dei polmoni che saranno portati dalla Russia”. Missione sì, ma umanitaria proprio no.